22 agosto 2008

Con Berlusconi la Giustizia va in vacanza


"Contro il decreto salva rete 4, il lodo Alfano, i taglia alla giustizia e i tentativi di uso del potere a fini personali. Contro chi si sente più uguale degli altri, in difesa di un sacrosanto principio costituzionale: la legge è uguale per tutti."












Fantasia al potere
, si sarebbe detto qualche anno fa. La fantasia e l'originalità sono stati i due ingredienti fondamentali dell'iniziativa organizzata da Generazione Democratica e Laboratorio 48' davanti al tribunale di Padova. Alcuni ragazzi si sono presentati in costume, con tanto di sdraio e ombrelloni, per manifestare contro il tentativo del Governo di mandare la giustizia in vacanza.
Ecco alcune immagini in attesa del montaggio di un video.








14 agosto 2008

Fino a quando...


Carri armati russi in territorio georgiano, atleti che gareggiano. Il rumore dei bombardieri, l’accensione del grande braciere olimpico. Queste sono state le immagini più ricorrenti nei telegiornali degli ultimi giorni: mentre a Pechino sono partite le Olimpiadi, in Georgia si combatte e si muore. Cosa lega questi due eventi apparentemente così diversi? La nuova politica di potenza russo – cinese. Entrambe le potenze hanno infatti da qualche anno cominciato a mostrare i muscoli al mondo. Ora la Cina, che fino a pochi mesi fa non lesinava comunque dimostrazioni di forza militare, si affida alla forza celebrativa delle Olimpiadi, consacrazione e suggello della sua prorompente crescita economica e politica. La Russia invece, forse pressata dagli ultimi eventi in Kossovo e, perché no, forse anche dall’arresto del fido Karadzic, usa i propri carri armati contro la piccola Georgia, colpevole di avere osato troppo, colpevole di avere chiesto il ristabilimento della legalità sul proprio territorio. C’è più in profondità un legame che unisce queste due potenze: entrambe sono regimi, dove i diritti dell’uomo sono violati ogni giorno, in entrambe il liberalismo politico è un’utopia, mentre quello economico è ormai divenuto realtà, ma lo è divenuto nella maniera peggiore, quello della disuguaglianza crescente fra ricchi e poveri, dello sfruttamento dei padroni sui dipendenti, del mercato come misura di tutte le cose. E poco importa che, allo scopo di giustificare il proprio potere, i governi di Russia e Cina sventolino vessilli diversi: quello appunto del liberalismo il primo, quello di un sempre più inconsistente comunismo il secondo.

La domanda che l’occidente si deve oggi porre è: fino a quando?

Fino a quando resteremo impassibili di fronte alle violazioni dei più elementari diritti civili e politici? Fino a quando permetteremo che i prodotti cinesi siano venduti sottocosto grazie allo sfruttamento degli operai? Fino a quando permetteremo a questi stati di calpestare ad ogni occasione propizia il diritto internazionale?

So che è difficile, so che ci sono consistenti interessi economici in ballo, so che talvolta in politica il dialogo serve più dello scontro. Però a volte è necessario prendere posizioni forti.

Sono sempre stato contrario al boicottaggio delle olimpiadi, grande festa di sport, ma forse quella era l’occasione per lanciare un segnale, per dire che non tutto va bene.

L’unico a parlare è stato George W. Bush, un politico col quale sono in disaccordo su tutto, un personaggio che, a proposito di diritti umani, si porta dietro la vergogna di Guantanamo, però perlomeno in quel caso ha parlato ed ha evidenziato la drammatica situazione dei diritti umani in Cina.. E Berlusconi? E Sarkozy, che tanto aveva minacciato nei mesi precedenti?

E sulla Georgia quale è stata la posizione di questi ultimi? E l’Unione Europea? Se la sono tutti cavata con un generico appello alla fine delle ostilità ed al ritorno allo status quo. Ma qual è questo status quo? Quello di una finta repubblica, l’Ossezia del sud, terra di smercio di droga e di armi, gestita in maniera dittatoriale dai rappresentanti di Mosca?

Mezzi di pressione l’occidente adesso ne ha, dalla denuncia di fronte alle istituzioni internazionali a questo deputate fino a misure di punitive di tipo economico. Penso che sulla tutela dei diritti umani e della legalità internazionale debbano essere oggi aperti gli occhi. Oppure li apriremo troppo tardi, quando l’ascesa di Russia e Cina le renderà inattaccabili dal punto di vista sia politico sia economico.

E questo è uno scenario davvero pericoloso.


Matteo Corbo

8 agosto 2008

SCUOLA FINALMENTE ASSUNTA... A 61 ANNI

Cara Unità, chi ti scrive è un neo-pensionato, ex bancario, che nei giorni scorsi ha ricevuto una gran bella notizia. O meglio l'ha ricevuta la propria consorte, da parte del Provveditorato agli Studi. Di che si tratta? Della comunicazione, a mezzo telegramma (vista l'urgenza!) di avvenuta assunzione, a tempo indeterminato, per l'insegnamento nelle Scuole Primarie. E qui chiunque, in questi periodi di magra infinita, esulterebbe di gioia e gaudio. Peccato che la mia signora, precaria da 26 anni, abbia raggiunto questo agognato traguardo alla giovane età di 61 anni.

No, cara Unità, non è un errore di battuta: mia moglie ha davvero ricevuto la lieta novella all'età, esatta, di anni 60 e mesi 8.
Ma la torta, come si sa, non è tale senza la ciliegina, anzi più di una: la scelta (obbligatoria) della sede d'insegnamento (fino allo scorso anno, da precaria, insegnava a soli tre chilometri da casa) è stata possibile soltanto per Villasimius (o più lontano ancora), ridente località turistica ad "appena" 70 chilometri dalla propria casa. L'altra ciliegia? Eccola: la legge prevede che, l'assunzione a tempo ^determinato, per il primo anno, sia considerata in prova..(?!). E non solo: l'assunto dovrà seguire, puntualmente, oltre all'insegnamento; corsi di aggiornamento continuo, sotto "tutor", pena il rischio di mancata conferma per l'anno successivo.
Ora io mi domando: ma come può uno Stato degno di tale nome, che si vanta di sedere al cosiddetto tavolo dei Grandi del Mondo, trattare in questo modo i propri cittadini? Come si può prendere una persona, che ora dovrebbe, finalmente, potersi godere una meritata pensione, e spedirla come fosse un pacco postale, con l'aggravio di oneri non più sostenibili, sia sotto il profilo fisico che economico? Ma i signori burocrati, comodamente seduti nelle stanze dei bottoni, avranno mai pensato di tenere conto, nelle loro decisioni, dei dati anagrafici dei destinatari? Penseranno mai, come nel caso di mia moglie, che i primi alunni ai quali le ha insegnato le basi del conoscere, oggi possono tranquillamente essere già laureati e magari dei padri di famiglia? E infine, alla luce di quanto siamo costretti a subire, nella totale impotenza, che segnale di speranza ed ottimismo si può dare alle centinaia di miglia di giovani precari, che dopo anni di sacrifici, si approcciano fiduciosi al mondo del lavoro? Ti prego, cara Unità, puoi dire - non tanto a me, ma soprattutto a loro, ai giovani e tra essi ai miei quattro figli - in che mondo viviamo? Perché a me sembra di vivere in una Italia ormai totalmente intorpidita dai "media" di regime, inebetita da un continuo, incessante, bombardamento del nulla; una società drammaticamente incurante di ciò che le accade intorno e di quanto potrebbe tragicamente vedere se dovesse risvegliarsi da tanto torpore. Per ciò che mi riguarda, è da molto tempo ormai che mi pare di vivere in un Paese abitato da marziani; Paese che, comunque, continuo ad amare, ma dal quale talvolta, credimi, vorrei tanto scendere.


Luigi Putzolu Capoterra (Cagliari)

4 agosto 2008

La generazione perdente che va a destra

Ilvo Diamanti - La Repubblica
Rifondazione Comunista è implosa. Prima alle elezioni politiche del 13 aprile, dove è rimasta esclusa dal Parlamento. Poi, al congresso, dove si è divisa in due pezzi quasi uguali, a sostegno dei candidati alla segreteria: Vendola e Ferrero, il vincitore.

Anche se, in effetti, il partito è assai più frammentato, perché, fin dalle origini, raccoglie molteplici componenti dell´opposizione radicale di sinistra. Una galassia ai margini del sistema politico. "Minoranza", per definizione e per vocazione. Ma, anche per questo, uno dei riferimenti politici più significativi per i giovani. I quali hanno di fronte un futuro aperto. Amano le utopie. Pensano che sia possibile afferrare i sogni. Raggiungere "l´isola che non c´è". E cercano, inoltre, di definire la propria identità tracciando confini netti fra se stessi e gli altri. Contro padri e padroni. Per questo molti giovani hanno guardato alle posizioni più radicali della sinistra (ma anche della destra) con maggiore passione rispetto alle altre generazioni.

Oggi, però, ciò non avviene più. L´implosione (l´eclissi?) di Rifondazione Comunista è un segno, ma non il solo, del distacco dei giovani dalla sinistra. Non solo radicale, anche moderata. Si tratta della fine di un ciclo breve, che durava dall´inizio di questo decennio (millennio). Da quando, cioè, i giovani erano tornati a votare a sinistra, dopo circa trent´anni. Passata la vampata del Sessantotto, infatti, si erano raffreddate in fretta le speranze di cambiamento che avevano mobilitato ampi settori della società e, in particolare, i giovani. Frustrate dalle utopie del terrore, negli anni Settanta.
Dal crollo dei muri e delle ideologie, negli anni Ottanta. Infine, in Italia, dalla fine della prima Repubblica e dei soggetti politici che l´avevano accompagnata.

Dopo la stagione dei movimenti era emersa una generazione "senza padri né maestri" (per citare il titolo di un saggio di Luca Ricolfi e Loredana Sciolla), che si era rifugiata nella "vita quotidiana" (come evoca un altro testo, scritto da Franco Garelli). La domanda di cambiamento era defluita altrove, soprattutto nella partecipazione volontaria. Un fenomeno diffuso, cresciuto a contatto con i problemi di ogni giorno.

Così i giovani erano divenuti "invisibili". Confusi nell´ambiente sociale e locale. Pur diventando appariscenti sui media. Consumatori ed essi stessi consumo. Bersagli e attori di ogni campagna pubblicitaria. Protagonisti di serial e reality televisivi. Politicamente, si erano spostati al centro. Oppure "fuori" dalla vita politica. A sinistra, invece, erano rimasti i loro genitori. Quelli della mia generazione, che nel Sessantotto avevano intorno a 18 anni. Nati dopo la fine della guerra, nei primi anni Cinquanta.

A metà strada, fra noi e i nostri figli, una "generazione perduta", come l´ha definita Antonio Scurati in un suggestivo (auto) ritratto pubblicato sulla Stampa. Nata alla fine degli anni Sessanta. Mentre la "rivoluzione" bruciava e si consumava altrettanto rapidamente. Nel 1989, vent´anni dopo, scrive Scurati, nella notte in cui cadde il muro "finì un´epoca della politica, ma per la mia generazione non n´è mai iniziata un´altra. Non a sinistra, quanto meno".

Infatti, fino alla conclusione del secolo, la classe d´età orientata a sinistra più delle altre è progressivamente invecchiata, da un decennio all´altro. I ventenni del Sessantotto. I trentenni negli anni Settanta. I quarantenni negli anni Ottanta. I cinquantenni negli anni Novanta. E via di seguito. Una generazione di nostalgici, che votano allo stesso modo, un po´ per speranza, un po´ per abitudine.

Solo dopo il 2000 i giovani sono tornati a sinistra. Soprattutto i "più" giovani. I miei figli. I fratelli minori di Scurati (se ne ha). In particolare gli studenti. Per diverse ragioni. La comune condizione di incertezza li ha resi inquieti. Una generazione senza futuro. La prima, nel dopoguerra, ad essere convinta (con buone ragioni) che non riuscirà, nel corso della vita, a migliorare la posizione sociale dei propri genitori.

Poi, l´attacco alle torri gemelle e la guerra in Iraq. La globalizzazione economica e politica. Hanno alimentato l´insicurezza e il senso di precarietà, soprattutto fra i giovani.
Che hanno "una vita davanti". Ma quale? Li hanno spinti a mobilitarsi e a manifestare (soprattutto gli studenti). Anche per sentirsi meno soli.I (più) giovani, infine, hanno maturato una competenza comunicativa e tecnologica diffusa. Capaci di stare in contatto fra loro, senza limiti di spazio e tempo. Di sperimentare linguaggi nuovi, inediti e largamente incomprensibili agli adulti. Sono divenuti una tribù. Mischiati agli adulti, eppure separati da essi. I (più) giovani. Quelli nati negli anni Ottanta, al tempo della caduta del muro. Quelli che non avevano conosciuto il Sessantotto, il terrorismo, la Dc e il comunismo. Quelli per cui CCCP è un gruppo di rock progressivo e Berlino una città di tendenza. Si sono spostati a sinistra.

Perché dall´altra parte c´era Berlusconi. Il padrone dei media. Icona del potere nel mondo della comunicazione. A cui opporsi. Perché dall´altra parte c´erano gli amici di Bush e della guerra, ma anche i sostenitori del lavoro flessibile. Così, alle elezioni del 2001 e in quelle del 2006 i giovani hanno votato massicciamente a sinistra. Soprattutto, ripetiamo, gli studenti e i giovani con una carriera di studi più lunga.

Oggi questa stagione sembra conclusa. Era emerso anche nei sondaggi pre-elettorali, ma in misura minore a quanto si è poi verificato. Infatti, alle elezioni del 13 aprile 2008 (Sondaggio Demos-LaPolis, maggio 2008, campione nazionale di 3300 casi) appena il 31% dei giovani (fra 18 e 29 anni) ha votato per (la coalizione a sostegno di) Veltroni. Il 49%, invece, per Berlusconi. Una distanza larghissima, superiore a quella registrata fra gli elettori in generale. Alle "estreme" dello schieramento politico, invece, la distanza fra le parti si è annullata; anzi, quasi invertita. Il 3,2% dei giovani ha votato per la Sinistra Arcobaleno, poco più (oltre il 4%) per la Destra di Storace. Una tendenza ribadita, peraltro, dal voto degli studenti. Anche fra loro la coalizione a sostegno di Berlusconi ha superato il centrosinistra di Veltroni, seppure con uno scarto più ridotto: 42% a 37%.

Mentre la Destra radicale è, a sua volta, più avanti della Sinistra Arcobaleno: 6% a 4%. Vale la pena di aggiungere che Di Pietro, fra i giovani, dimostra scarso appeal. Anzi: il suo peso elettorale è più ridotto che nel resto degli elettori.

Quasi una svolta epocale, insomma. Naturalmente, la spiegazione più facile è prendersela con loro. I giovani. Sospesi fra precarietà e un mondo di veline e amici, sarebbero stati risucchiati in un nuovo riflusso "conservatore". Vent´anni addietro, a un osservazione del genere, Altan faceva replicare a Cipputi: «Mi devo essere perso il flusso progressista…». Per capire il deflusso dei giovani verso la destra e il non-voto, però, è più semplice soffermarsi sullo spettacolo offerto dalla sinistra, riformista e radicale.

Il Pd, attraversato da divisioni personali e di corrente. Intorno ai soliti nomi: Veltroni, D´Alema, Rutelli. Marini. Rifondazione: segmentata da fazioni e frazioni. Alcune che "pesano" il 3-4% in un partito stimato intorno al 2%. Pochi accenni, risaputi, evidenti a tutti. Sufficienti a comprendere perché la Sinistra non possa aiutare i 30-40enni della "generazione perduta" a ritrovarsi. Tanto meno i giovani – e gli studenti – a identificarsi. Si sentono una "generazione perdente".

Perché dovrebbero affidare il proprio destino, la propria rappresentanza a una classe politica "perdente" di professione?


Ilvo Diamanti
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