29 ottobre 2008

Stanno uccidendo l'Università



L'Università italiana rischia davvero di morire.
C'è bisogno della massima partecipazione per salvarla!!!

27 ottobre 2008

GOVERNO DELLA CAMORRA

La notizia dei rapporti alquanto stretti tra il sottosegretario al ministero dell'economia NICOLA COSENTINO, e l'ormai celeberrimo clan dei CASALESI, occupa le ultime due edizioni dell'Espresso; il periodico della Repubblica titola senza mezzi termini "CAMORRA AL GOVERNO" , ma dalla lettura degli stralci si potrebbero ribaltare i ruoli optando per un più suggestivo "GOVERNO DELLA CAMORRA". Ben cinque pentiti della malavita napoletana, infatti, parlano di un Cosentino "a completa disposizione" dei boss di Casal di Principe.

Ciò che colpisce in particolar modo, non è il presunto accordo "politico" (d'indubbia gravità ) tra Cosentino e i Casalesi, quanto l'indagine svolta consultando informative prefettizie e visure catastali, inerente alle attività imprenditoriali della famiglia Cosentino.

La famiglia dell'onorevole, conosciuto come "o Americano" per via dei rapporti d'affari del padre Silvio, con gli Alleati del primo dopoguerra, è proprietaria del condominio adibito a tribunale civile di Santa Maria Capua Vetere e della centrale elettrica di Sparanise in provincia di Caserta ; l'attività di famiglia per eccellenza resta tuttavia il gasolio, gestito dalla società Aversana Petroli. La stessa , tramite una serie di accordi intervenuti tra il 2002 e il 2003 con ENI e AGIP espande la propria rete con l'acquisto di 150 distributori. Al governo c'è Berlusconi , ma il fatto che l'onorevole sia fuori dall'azionariato, fa sì che nessuno possa sollevare accuse di conflitto d'interessi permettendo all'Aversana di crescere esponenzialmente aumentando il fatturato del 300%.

I problemi sorgono invece quando nel '97 la Prefettura di Caserta nega il certificato antimafia, per un appalto pubblico (causa presunta infiltrazione mafiosa) e ancor più quando l'Aversana ricorre al Tar e al Consiglio di Stato sentendosi confermare la scomoda pronuncia .

Tuttavia per il business dei Cosentino si apre uno spiraglio; nonostante le coincidenti sentenze dei giudici, il nuovo prefetto Elena Stasi decide , nei termini di una rara procedura , di riconsiderare il caso. La Aversana petroli supera così l'ostacolo dell'antimafia e alle ultime elezioni la Stasi viene eletta alla Camera con il PdL: FORTUNATE COINCIDENZE.

Una serie di eventi formalmente legittimi , ma dietro i quali si ravvisa senza eccessivo acume , qualcosa che non va.

Nella questione Cosentino si rintraccia un esempio lampante di politica all'italiana, o per meglio dire berlusconiana; un inestricabile intreccio tra politica economia e malavita che da sempre adombra l'operato del Cavaliere e che, oramai entrato nella quotidianità politica, permette ai protagonisti di non darne alcun chiarimento.

Tra un mese Veltroni tornerà a Casal di Principe per una manifestazione; sarà quella l'occasione giusta per ribadire la necessità che il sottosegretario Cosentino si dimetta o quantomeno dia spiegazioni circa la sua posizione .





Tullio Chierego

26 ottobre 2008

La base c'è

La sensazione, dopo la grande manifestazione di Roma, è quella di una rivincita, o almeno questo è ciò che sento.
Il Partito Democratico sulle televisioni di regime (ops!), sui giornali di regime (di nuovo ops!), è stato descritto per mesi come un partito diviso, debole, deteriorato da interessi del tutto personali: dall’eterno scontro tra Veltroni e D’Alema, tra i margheritini e i diessini. Questa idea aveva ormai convinto buona parte della “gente comune”, così come aveva attecchito tra i giovani. A Roma abbiamo dato una grande prova di forza: la base c’è e vuole contare. Due milioni, un milione e mezzo, un milione? Di fronte a un Circo Massimo colmo quelle cifre apparivano solo fredda matematica; c’era di tutto dentro il corteo, tutto il popolo del centro - sinistra che si mobilita in massa quando si tratta di difendere i valori fondanti della convivenza civile, scritti a “lettere di fuoco” nella prima parte della Costituzione Italiana. Nella mia testa e nel mio cuore, così come in quello di molti altri, risuonavano le parole di Cota sulla “discriminazione transitoria positiva”, l’urlo “sporco negro” di quel commerciante che ha ucciso a bastonate Abdul, la lungimiranza della Gelmini: "Ma quale riforma? Non esiste una riforma, esiste soltanto un decreto di tagli di spesa".
E’ stata una rivincita rispetto a chi ci ha descritto come militanti quasi invisibili, ombre senza un progetto chiaro. Ora ci siamo e dobbiamo ripartire. Ripartiamo dal Circo Massimo, portiamoci dentro tutta quella ricchezza in ogni nostra iniziativa o intervento.
Costruiamo il partito fuori dalle sedi: dobbiamo essere, senza nessuna strumentalizzazione, nell’Onda che in questi giorni sta attraversando l’ Università e la scuola. Consiglio a tutti di leggere l’Art 17 del Decreto Legge n.112: vengono assegnate all’Istituto Italiano di Tecnologia le dotazioni patrimoniali e ogni altro rapporto giuridico della fondazione IRI, insomma, un sacco di soldi. Fate una piccola ricerca per scoprire cosa sia l’IIT e leggete con attenzione il curriculum vitae del presidente Vittorio Grilli. Non aggiungo altro: a voi le piacevoli scoperte.
Di fronte a una crisi finanziaria che richiede un forte senso di responsabilità, ancora una volta la desta italiana si occupa degli interessi di qualche amico, facendo un uso privatistico del denaro pubblico. Una partito riformista deve rispondere come ha fatto ieri Walter Veltroni: interesse generale, sostegno a stipendi e pensioni, incentivi alla ricerca per essere competitivi.
Tocca ad ognuno di noi, nelle nostre città, spiegare ciò che il partito democratico è.
Questo è il nostro compito da adesso in poi, nella consapevolezza che non siamo soli, anzi.




Paolo Tognon
Abbiamo pensato anche a chi si fosse perso questo storico momento di democrazia.
Ecco qui il discorso di Walter Veltroni


(video tratto da www.youdem.tv)

23 ottobre 2008

Sparito Robin Hood (chissenefrega dei poveri..) meglio tutelare i banchieri. Parola di Scalfari.

Pubblico qui una sintesi, non autorizzata, dell'editoriale domenicale di Eugenio Scalfari.

Riflette sul grande clamore mediatico che circonda l'azione del governo durante la crisi economica internazionale. Sembra che il nostro governo e il nostro premier stiano al centro dell'universo, vero centro motore di tutto.

Ovviamente non è così.

Nella seconda parte dell'articolo fioccano le critiche su Tremonti, bravo nel prevedere la crisi, ma patetico nelle scelte con le quali cerca di contrastarla.

Ecco la sintesi:

GUARDANDO le nostre televisioni e sfogliando le pagine dei nostri giornali emerge un aspetto consolante: il patrio governo e il suo leader hanno guadagnato molti punti in tema di prestigio internazionale. Tutti ci cercano, vogliono i nostri consigli, valutano con apprezzamento i nostri programmi, chiedono la nostra mediazione. Tra i grandi della Terra il nostro peso è crescente.

Che cosa si vuole di più ?

Questa crescita di autorevolezza trae conferma dalle dichiarazioni degli interessati e in particolare da quelle del presidente del Consiglio e del ministro dell'Economia che i nostri "media" riportano con la massima evidenza e il dovuto compiacimento.

In questa immaginaria rassegna dei primati italiani conta poco che gran parte dei progetti siano soltanto scatole vuote, annunci generici, espedienti mediatici .
Per il pubblico italiano, istruito dai media nostrani e dalle dichiarazioni dei nostri governanti, il motore della lotta contro la crisi planetaria sta a palazzo Chigi.
Perfino il voto contro la politica "climatica" dell'Europa, che ha comportato due mesi di stallo, è presentato come il segno della nostra forza internazionale e della nostra lungimiranza.

Queste esaltazioni mediatiche sono prive di rapporto con la realtà e con la verità .

Un diffuso esercizio mediatico è quello della scoperta dell'acqua calda presentata come la prova della intelligenza e della vigilanza dei governi e delle istituzioni internazionali. Quell'esercizio non è limitato all'Italia ma si estende a tutto l'Occidente.
Si è scoperto pochi giorni fa che la crisi finanziaria sta incidendo sull'economia reale.
E ve ne accorgete adesso? Non era chiaro fin dall'inizio? Quando le crisi finanziarie superano una certa soglia e una certa dimensione, i loro effetti tracimano inevitabilmente al di là dell'aspetto congiunturale e avviano processi più o meno lunghi di ristagno e recessione.
Invece no, non se n'erano accorti, anzi davano dello stolto o del catastrofista a chi fin dall'inizio raccomandava di attuare provvedimenti capaci di arginare o rallentare le conseguenze negative sull'economia reale.

Da questo punto di vista la palma del primato spetta alla Banca centrale europea e alla Commissione di Bruxelles.

La prima per aver mantenuto testardamente il tasso di interesse al 4.25 senza poter esercitare nessun freno sull'inflazione ma provocando invece deleteri effetti sul costo dei mutui immobiliari e dei prestiti alle imprese.

La seconda difendendo rigidamente la soglia di stabilità del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil e martellando i governi affinché perseguissero politiche di tagli di spesa e pareggio dei bilanci.

In questo panorama Giulio Tremonti rappresenta un caso anomalo e per certi aspetti patetico. Fu tra i primi a dare l'allarme nel giugno scorso sulle dimensioni della crisi finanziaria e bancaria in arrivo. Indicò gli scenari e le opzioni che si aprivano e, sia pure in termini generici, le politiche che si sarebbero dovute adottare.

Ma poi, una volta messo alla guida dell'Economia, fece esattamente il contrario di quanto aveva indicato.

Fece approvare in nove minuti e mezzo (ricordate?) una legge finanziaria triennale che non merita altra definizione se non quella di configurare una politica economica deflazionistica. Una legge come quella, che punta ad abbassare la spesa per molte decine di miliardi con tagli "orizzontali", adottata da chi vede arrivare - e lo predice - una tempesta finanziaria con evidenti conseguenze recessive, è un comportamento inspiegabile.

Altrettanto inspiegabile la vicenda della "Robin-tax" che campeggiò nelle prime pagine dei giornali per almeno un mese e su cui Tremonti costruì una parte del suo fascino mediatico. Fu il fiore all'occhiello del nuovo ministro dell'Economia tassare i ricchi per dare ai poveri, tassare le banche per finanziare la "social card" da distribuire ad un milione di italiani con redditi inferiori agli 8 mila euro annui. Totale preventivato 400 milioni.

Sono passati quasi cinque mesi da quel piccolo colpo di teatro mediatico: la "social card" sarà distribuita a dicembre ma nel frattempo le banche hanno cessato d'esser ricche, il governo anziché tassarle deve sostenerle e per farlo ha varato un decreto dove prevede: "cifre illimitate" pur di evitare fallimenti.

Robin Hood se n'è andato dalla foresta di Sherwood, lo sceriffo di Nottingham gira col saio e il bastone del pellegrino e noi contribuenti attendiamo di sapere quanto costa il suo sostentamento.
Non è patetico?


Vincenzo Cusumano

22 ottobre 2008

Formazione Politica Provinciale dei Giovani Democratici "INFORMAMENTI"

Vi informiamo che sono aperte le iscrizioni alla prima Scuola di Formazione Politica Provinciale dei Giovani Democratici "INFORMAMENTI".
Il programma completo (manca solo l'ultima lezione sulll'Ambiente che si terrà a Bassano del Grappa con Massimo Pintus e l'On.Daniela Sbrollini) è disponibile sul sito internet di "Informamenti": http://informamenti.altervista.org

L'iscrizione va effettuata all'indirizzo mail: informamenti@gmail.com o presso l'apposito spazio indicato nel sito internet.
Devono essere indicati: nome, cognome, recapito telefonico, indirizzo mail.

Il costo d'iscrizione sarà di 6 euro, che verranno raccolti alla prima lezione in programma, dove verrà rilasciata una cedola nominale valida per l'accesso alle altre serate.Chi nelle successive iniziative non sarà in possesso di tale cedola, dovrà iscriversi e versare la somma indicata per parteciparvi.In caso di smarrimento della cedola, verrà ritenuto valido, come prova dell'avvenuta iscrizione, il registro dei nomi stilato dai responsabili al momento dell'accredito e del pagamento.I 6 euro saranno utilizzati per la realizzazione della Scuola di Formazione e, se ne avanzeranno, per le iniziative future organizzate dai Giovani Democratici della Provincia di Vicenza.
Per la buona riuscita della Scuola di Formazione Politica dei GD provinciali è necessario che si iscrivano molti ragazzi e che vi sia una partecipazione attiva da parte di tutti.

La scuola è aperta a tutti!

21 ottobre 2008

Comunicazione importante

Le primarie dell'organizzazione giovanile del Partito Democratico, inizialmente fissate per il 17-18 ottobre, sono ufficialmente rinviate al giorno 21 novembre. Copio qui sotto il comunicato di Andrea Orlando, responsabile organizzazione del Pd, che ha dato l'annuncio.

"Io e Dario Franceschini abbiamo incontrato i candidati alla carica di segretario dei giovani democratici. Con loro si è concordato che le elezioni per la scelta degli organismi e, appunto, per il segretario si terranno venerdì 21 novembre; i seggi saranno aperti alle ore 8.00 e chiuderanno alle 23.00".
E' quanto dichiara Andrea Orlando, responsabile Organizzazione del Pd e incaricato dal coordinamento nazionale di seguire il processo costitutivo dell'organizzazione giovanile del Partito democratico.
"Ogni giovane tra i 14 e i 29 anni – prosegue l'esponente democratico – potrà partecipare alla costituzione dell'organizzazione giovanile del PD, votando presso il seggio più vicino alla propria residenza sul territorio o presso il luogo di studio là dove sia stato istituito un apposito seggio".
"Tutti i candidati – conclude Orlando – hanno condiviso questo percorso e le modalità operative che saranno diffuse con una apposita nota a tutte le nostre strutture territoriali".

Signore e signori buonanotte

Signore e signori, buonanotte
Film satirico italiano, del 1976 diretto a più mani.
Il tema centrale del film è una satira di una ipotetica giornata televisiva, di cui fa parte un altrettanto ipotetico tg3 (che all'epoca ancora non esisteva) che rispecchia i disastri italiani. Suddiviso in vari episodi, con il tg3 a fare da filo conduttore, è stato diretto in forma collettiva, ovvero non è stata resa nota la paternità dei singoli contributi
Il film si iscrive nel florido filone della commedia all'italiana, in particolare si riprende il filone "cattivo" di cui fanno parte film come I mostri. Gli obiettivi della satira riguardano praticamente tutti gli aspetti della società italiana, in un momento particolarmente difficile per il nostro Paese.

Da Wikipedia

Proposto da
Matilde Bastianello

20 ottobre 2008

La “Riforma Gelmini” e la reazione dei Giovani Democratici

Con il Decreto Legge 137 del 1 settembre 2008 il Governo ha introdotto nell’ordinamento della istruzione delle modifiche che possiamo così sinteticamente illustrare:
  • Per la scuola primaria il punto principale è l’introduzione del maestro unico. E’ abbastanza facile sospettare il motivo che ha spinto il Governo ad optare per questa nuova linea educativa nell’infanzia nel tentativo di attuare una minore spesa pubblica. Di fatto la riduzione dei suddetti, l’aumento degli alunni ad una media di 32/33 per classe e la diminuzione dell’orario scolastico a 24 ore a settimana, porteranno sicuramente ad una penalizzazione della qualità della scuola. Preoccupa inoltre la chiusura delle piccole scuole di provincia (circa 2000 in tutto il territorio) che renderà più difficile l’accesso alla scuola primaria. L’eliminazione del tempo prolungato sarà inoltre un ulteriore difficoltà per le famiglie.
  • Nelle scuole secondarie di primo e secondo grado il principale tema di discussione è sicuramente l’introduzione del voto di condotta. La Riforma prevede che venga espresso in decimi e attribuito collegialmente dal consiglio di classe, che concorra alla valutazione complessiva dello studente e che determini, se inferiore a sei decimi, la non ammissione all’anno successivo. Questo forse vuol’essere un nuovo aspetto sanzionatorio della scuola, non più informativo ma formativo, lasciando il dubbio se gli aspetti formativi non particolarmente valorizzati nella attuale scuola debbano iniziare da quest’aspetto.
  • I punti salienti della Riforma riguardanti l’Università sono i seguenti: la laurea in scienze della formazione primaria avrà valore di esame di Stato e abiliterà all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria; nei prossimi cinque anni verranno tagliati 1.500 milioni di euro alle Università, e verrà attuato il blocco delle assunzioni (due assunzioni ogni dieci pensionamenti) ed è previsto, aspetto ancora più grave, l’aumento delle tasse degli studenti per ripianare il taglio dei finanziamenti. Questo ripristina un accesso alla istruzione come privilegio sulla base dello stato economico, e lascia le Università in mano ai privati per le necessità di finanziamento.
  • Un altro punto discutibile è la considerazione del nuovo Governo per la scuola privata; le sue ultime affermazioni sono state le seguenti: “ La scuola è sempre pubblica, sia quando è gestita dallo Stato, sia quando non lo è. E di conseguenza credo che noi dobbiamo adoperarci per elevare la qualità media della scuola, sia essa statale o non statale”. Il modello cui si riferisce è la cosiddetta dote data agli studenti dallo Stato approvata dalla regione Lombardia, vogliano essi frequentare una scuola pubblica o una privata. Ma con quali fondi il Ministro intenda aiutare le famiglie che optino per una scelta educativa differente non è ancora chiaro. La tendenza verso la scuola privata si spiega anche con l’affermazione del Ministro di voler trasformare le scuole in “fondazioni private”, in modo da renderle ancora più autonome dal punto di vista economico e organizzativo. Lascia aperto il problema se quelli che sono di fatto servizi alla persona possano essere gestiti con modalità che sono proprie di strutture orientate al profitto economico.
  • L’aspetto più grave dell’intera Riforma sono infine i tagli che il Governo ha previsto per il prossimo triennio: oltre a quelli previsti per l’Università, circa 8 miliardi di euro verranno sottratti alla scuola primaria e secondaria (e anche qui non è chiaro dove verranno reinvestiti) e ci sarà la riduzione di 87.341 insegnanti e 42.500 addetti Ata, oltre che al blocco delle immissioni in ruolo e l’aumento così dei precari. Superfluo menzionare i tagli agli stipendi e ai fondi di produttività che premiano il merito di docenti, ricercatori e personale tecnico.

Dopo una valutazione attenta del documento legislativo emergono quindi spontanee talune considerazioni; innanzitutto è chiaro come questo Governo, conformemente ai precedenti, non abbia deciso di investire sull’istruzione e abbia proposto modifiche sostanzialmente inutili o addirittura dannose. La scuola non dovrebbe essere fonte di denaro per investimenti in altri settori: dovrebbe essere migliorata, incrementata, spinta ad arrivare agli standard europei che ormai sono raggiunti solo dalla scuola primaria per quanto riguarda il livello qualitativo.
Il voto di condotta dimostra solo come di fronte alla gravità della situazione sociale italiana nelle scuole il Governo invece di pensare a programmi educativi attivi sin dalle scuole primarie per prevenire i comportamenti a rischio, aiutare i bambini soggetti a violenze e assistere gli stessi “bulli”, diminuisca gli insegnanti di sostegno garantiti dall’articolo 38 della Costituzione ("Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale") e ripieghi su un semplice voto. L’Università e l’ambito della ricerca sono ulteriormente penalizzate, relegando all’Italia un ruolo ancora più marginale e per gli studenti sarà sempre più difficile pagarsi gli studi, posticipando ulteriormente la condizione di autosufficienza e dovendo pesare più a lungo sulle famiglie.
Ma ciò che più pesa su questa Riforma è stata la sua attuazione: il 1 agosto 2008, senza consultare le parti sociali e gli studenti, in un periodo chiamato a ragione “morto” per la scarsa affluenza in Parlamento. Non si parla più di Riforma, ma di un unico grande Taglio: alle risorse economiche della scuola, alle assunzioni, ma soprattutto è la chiara negazione del diritto di ogni studente ad avere una scuola di qualità, ma soprattutto pubblica.

Matilde Bastianello

17 ottobre 2008

SCUOLA: LA LEGA INVENTA LA “DISCRIMINAZIONE TRANSITORIA POSITIVA”

La Lega Nord ha ormai imparato quel linguaggio contorto e bizantino chiamato politichese, e lo utilizza con perizia ed arroganza. Abbandonati gli accenti padani e le espressioni colorite che hanno fatto la fortuna del movimento politico di Bossi e Calderoli, i rampanti deputati col fazzoletto verde, dopo un lauto pranzo a base di abbacchio, carciofi e vini dei Castelli Romani, hanno proposto a Montecitorio un ordine del giorno per separare il percorso scolastico degli immigrati da quelli degli studenti italiani. Vediamo ad esempio cosa scrivono nelle premesse del documento approvato dall’Aula:
"La scuola italiana deve essere in grado di supportare una politica di «discriminazione transitoria positiva», a favore dei minori immigrati, avente come obiettivo la riduzione dei rischi di esclusione". Confesso che un brivido percorre tutta la schiena ogni volta che leggo queste tre parole “discriminazione transitoria positiva”…Ma non voglio usare gli argomenti dell’ideologia, del pensiero riformista e moderato, naturalmente avversi a proposte del genere. Per contestare la proposta leghista vorrei usare uno strumento assai piu’ semplice e diretto, il buon senso.
Vediamo innanzitutto di tradurre l’idea leghista: "al fine di ridurre la possibilità di esclusione e discriminazione dei minori immigrati, riteniamo opportuno…escluderli e discriminarli fin da subito!" Bel modo di ragionare. Non solo dal punto di vista rigorosamente logico l’affermazione risulta una tautologia palese, ma anche dal punto di vista sociologico tale posizione non è supportata da alcuna evidenza empirica o scuola di pensiero.
Cerchiamo ora di entrare nel cuore dell’ordine del giorno per comprendere quali assurdità siano state proposte
1) il documento impegna il Governo "a non consentire in ogni caso ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, al fine di un razionale ed agevole inserimento degli studenti stranieri nelle nostre scuole". Supponiamo quindi che un immigrato giunga legalmente nel nostro paese il 12 gennaio. Le scuole in base alla proposta leghista non potranno che accoglierlo a partire dal settembre successivo. Il giovane avrà dunque tutto il tempo di passare le sue giornate per strada, nelle piazze, senza fare nulla, magari avvicinandosi a quelle attività illecite che popolano le strade delle nostre citta’. Un bel modo per prevenire delinquenza e fenomeni di esclusione!
2)l’ordine del giorno leghista prevede "la creazione di percorsi educativi per gli stranieri sui seguenti argomenti: a) comprensione dei diritti e doveri (rispetto per gli altri, tolleranza, lealtà, rispetto della legge del paese accogliente); b) sostegno alla vita democratica; c) interdipendenza mondiale; d) rispetto di tradizioni territoriali e regionali del Paese accogliente, senza etnocentrismi; e) rispetto per la diversità morale e cultura religiosa del paese accogliente."
Forse la Lega ed il centrodestra sono convinti che queste “materie” servano solo agli immigrati? E gli italiani? Pensiamo forse che i nostri ragazzi abbiano piena coscienza di diritti e doveri e siano naturalmente educati alla democrazia ed al rispetto della diversità?
3) Ancora l’ordine del giorno leghista prevede "l’istituzione delle classi ponte che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test di ingresso di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti." Ecco è questa la misura che non ha senso e che crea una vera e concreta esclusione. Di sicuro è necessario supportare gli stranieri mediante un percorso di insegnamento ad hoc, ma questo deve avvenire in orario curricolare o extracurricolare, fatto salvo il pieno inserimento dello studente straniero in una classe italiana. La scuola non è solo luogo in cui vengono forniti agli allievi nozioni, ma è un luogo di socialità, di amicizia, di comunità, dove è opportuno che lo straniero si senta accolto e sia in grado di sperimentare, anche se con difficoltà, i meccanismi di funzionamento della nostra società e della nostra cultura.
4) l’ordine del giorno impegna, infine, il Governo anche a "prevedere l'eventuale maggiore fabbisogno di personale docente da assegnare a tali classi, inserendolo nel prossimo programma triennale delle assunzioni di personale docente". Peccato che si sia dimenticato dell’aggiornamento e della formazione degli insegnanti, dimenticando che l’insegnamento dell’italiano come seconda lingua o come lingua straniera richiede competenze specifiche di cui non tutti i docenti sono in possesso.
Per concludere qualche controproposta. L’idea di fondo è quella di mobilitare l’intera comunità nazionale per l’integrazione e l’intercultura. Lo strumento potrebbe essere un grande piano nazionale di integrazione, in tutte le scuole di ordine e grado, in particolare concentrato nella scuola dell’obbligo. Tempo fa nelle scuole italiane venne introdotto Lupo Alberto per l’educazione alla sessualità…oggi non possiamo ripescare qualche moderno beniamino dei giovanissimi e lanciare una vasta campagna mediatica? E ancora formazione di insegnanti specializzati, potenziamento dello strumento della mediazione culturale, potenziamento in tutte le scuole dell’educazione ai diritti, ai doveri alla democrazia e all’intercultura (per “vecchi” e “nuovi” giovani italiani!), sensibilizzazione all’accoglienza e alla diversità mediante apposite campagne. Sono solo alcune delle idee che tante istituzioni scolastiche hanno nel loro piccolo gia’ sperimentato e che devono diventare un patrimonio di tutto il Paese. Dimenticando le proposte leghiste, ancora troppo ancorate all’ideologia e prive di buon senso.

Paolo Giacon

15 ottobre 2008

Ennesimo rinvio: che tristezza! Eppure è tempo di reagire.

Le notizie da Roma arrivano frammentarie, come sempre d'altronde. Sembra però sempre più chiaro, praticamente certo, che si andrà a primarie il 22 novembre. Il grande appuntamento costitutivo dei Giovani Democratici, inizialmente fissato per il 20 marzo scorso, poi slittato all'11 aprile, poi rinviato per un motivo o per l'altro fino al 17-18 ottobre, slitta ancora fino alla seconda metà di novembre. Che rinvio ci sarebbe stato era chiaro: i quattro candidati alla segreteria nazionale avevano infatti richiesto uno slittamento, poiché alcuni di essi non erano stati in grado di preparare adeguatamente la campagna elettorale, a causa della ristrettezza dei tempi. Ma ci si aspettava un rinvio di qualche settimana, alla prima data utile, vale a dire al 7-8 ottobre. Ed invece, l'ennesima sorpresa: slittamento di più di un mese. Questo risulta particolarmente umiliante per chi è da perlomeno sette mesi che lavora intensamente e con passione per preparare questo appuntamento, che viene poi continuamente rinviato. Per chi aveva già preparato tutto, aveva deciso i seggi dove votare, stampato alcuni volantini, stabilito come stampare le schede elettorali.
Per chi era pronto, anche emotivamente, per una grande giornata di democrazia e partecipazione. Ed invece niente, ancora più di un mese di attesa, aspettando l'ennesimo rinvio. Sia chiaro, non ce l'ho con Dario Marini e Giulia Innocenzi, i due candidati "outsider" che hanno richiesto il rinvio: dal loro punto di vista era in effetti necessario che ci fosse un minimo di dibattito in più prima di votare, dato che il termine per le candidature era scaduto soltanto il 3 ottobre (e prima di quella data la loro principale occupazione era stata quella di raccogliere le firme).
Ce l'ho col modo in cui lavorano i Giovani Democratici a Roma, che pensano più a dividersi che a lavorare insieme, più alla correnti che al progetto, più alla loro "poltroncina" che al lavoro sul territorio. E' colpa di questo paradossale CPN (Comitato Promotore Nazionale), nato da una lottizzazione di correnti del partito, totalmente Roma-centrico nella composizione, la responsabilità principale del fallimento delle primarie.
Qui, in Veneto ed a Padova, non è andata così. E' vero che anche qui ci sono diverse sensibilità e divisioni, ma prima di tutto c'è stato un intenso lavoro sul territorio, che ha permesso, ad Abano come a Conselve, a Cittadella come a Este, di creare gruppi forti di Giovani Democratici, pronti dal 23 novembre a lavorare insieme. Io, come tanti altri Giovani Democratici di Padova, preferisco organizzare una festa democratica, od un'iniziativa, o coinvolgere persone nuove, piuttosto che stare chiuso in una stanza a con qualche big locale a cercare il suo appoggio.
La verità è che noi a Padova eravamo pronti, è da marzo che siamo pronti. A Roma non lo sono mai.
Penseremo a mente fredda a come rispondere in concreto a questa decisione romana, ma intanto mi preme lanciare un appello: non molliamo!!! Non diamogliela vinta a chi vuole trasformare i GD in una appendice esecutiva del partito, in un "mercato delle vacche" fra le correnti.
Ora più che mai è tempo di reagire.


Matteo Corbo

14 ottobre 2008

Terzo numero de "La Spina"

In questi giorni di frenetica campagna elettorale per le primarie dei Giovani Democratici, ci siamo presi il lusso di scrivere alcuni fogli.

A volte è utile fissare le proprie idee su carta: leggere e rileggere, confrontarsi e condividere una base programmatica. I nostri pezzi dovrebbero concludersi con tre puntini; ogni nostra parola ha bisogno di una continuazione, di uno stimolo esterno. Siamo pronti a contaminarci con chiunque volesse arricchire il nostro progetto: giovani lavoratori, studenti delle scuole superiori o universitari, ragazze e ragazzi di ogni parte della Provincia: da Camposampiero a Vigonza, da Cittadella a Monselice.
La Spina” per essere sempre in contatto con una società così dinamica da far apparire, troppo spesso, la politica come un pesante dinosauro.



Se volete ricevere questo o i precedenti numeri de "La Spina" non esitate a scrivere a democountry@gmail.com




11 ottobre 2008

Rinvio delle primarie dei Giovani Democratici

Le primarie dei Giovani Democratici, inizialmente fissate per i giorni 17 e 18 di ottobre, sono state rinviate a causa di una richiesta di alcuni candidati alla segreteria nazionale, i quali sostenevano di non avere avuto il tempo necessario per poter preparare la propria campagna elettorale. Il coordinamento nazionale del Partito Democratico si riunirà martedì per fissare le nuove date, che però saranno molto probabilmente i giorni 7 ed 8 novembre. Non appena arriverò la notizia definitiva, con tutte le informazioni necessarie, inseriremo immediatamente un nuovo post sul blog.
Lancio intanto però un appello a tutti i candidati ed alle persone che li stanno sostendendo: non fermiamoci! So che sarà inevitabile un certo scoramento dopo questa inattesa novità, ma l'azione politica per un partito e per un'organizzazione giovanile diversi deve assolutamente continuare.
E quindi continuiamo a raccogliere le firme, a preparare la campagna elettorale, a coinvolgere persone nuove.
Novembre arriverà presto, facciamoci trovare preparati.
Soltanto così questa lunga battaglia per il cambiamento potrà essere giocata e vinta.

10 ottobre 2008

Da Europa del 4-10-08

Fin dall'età della pietra, la poitica delle organizzazioni giovanili dei partiti è stata la parodia di quella dei grandi. Sicché, quando una ventiquattrenne radicale cresciuta alla politica da Marco Cappato si è candidata alle primarie già prenotate da un paio di young democrats di provata fede, si è potuto scrivere che alla parodia dello scontro fra i nipotini di D'Alema, Veltroni e Rutelli si aggiungeva anche la pronipote di Pannella. In effetti, lo schema entrista dei giovani radicali ricalcava quello già tentato due estati fa dal capostipite, quando invano Pannella cercò di infilarsi nelle primarie degli adulti poi vinte da Veltroni. Giulia Innocenzi ha avuto più fortuna e adesso pare avere le carte in regola per contendere la leadership dei piccoli al più quotato Fausto Raciti e agli altri candidati, Dario Marini e il delegato giovanile di Rosy Bindi, Salvatore Bruno.
Se in queste righe si avverte un tono leggero è solo perché i giovani devono sapere che la parodia è appunto un genere letterario un passo prima della farsa: possono quindi prenderla con un po' di spirito, atteggiamento che non sempre avverte chi li frequenta o li sfiora. Detto questo, la vicenda è invece serissima: perché coin- volge passioni sincere; e perché a noi pare decisiva per capire se esisterà un Pd dopo questo Pd, e come sarà.
Proprio i radicali e la loro bionda candidata luissina tornano utili come cartina di tornasole.
Un po' per antipatia innata, un po' per amore delle regole, un po' per ragionata avversione politica, molti adulti del Pd considerano grave l'incursione teleguidata da Cappato e rivendicano il rispetto della norma che avrebbe dovuto tener fuori dalle primarie giovanili chi non è cresciuto nel cortile di casa.
Niente contro la Innocenzi, molto contro l'abitudine radicale di volersi infilare (a tanti la vicenda delle elezioni politiche non è ancora andata giù). C'è chi dice che' stanno entrando nel Pd senza dichiararlo e pagare dazio, e c'è chi dice al contrario che siccome non stanno entrando nel Pd (infatti tengono il proprio apparato intatto) non dovrebbero cercare di condizionarne la vita interna. Si prescinde in genere dal valutare nel concreto come procede l'esperienza dell'alleanza, che in parlamento e in molte amministrazioni locali vede democratici e radicali procedere d'intesa. Il punto che vorremmo sollevare è però che queste valutazioni importanti nel giudicare l'alleanza fra adulti - dovrebbero essere abbandonate nel momento in cui la parola passa alle generazioni del Pd futuro. Attenzione, perché si parla adesso di radicali ma il discorso varrebbe per giovani socialisti, cattolici, liberali, e soprattutto per la gran massa dei nati alla politica nell'epoca dell'Ulivo (non necessariamente nell'Ulivo), quindi fuori dalle esperienze politiche classiche. Bisognerebbe lasciare che i ragazzi facciano ciò che è impossibile chiedere agli adulti: che si battano e si sbattano per far vivere un partito democratico vergine, alimentato dalla loro esperienza e non costretto negli schemi delle appartenenze precedenti.
Ci spiegano che è utopia, o ingenuità, perché ognuno di questi ventenni risponde a un capocordata secondo logica di cooptazione. Sospettiamo che sia vero, anche se parodistico. Ma semmai questi ragazzi andranno a girare per scuole e quartieri chiedendo voti e consensi, scopriranno che non è nel nome di quel capocordata che li conquisteranno. Più facile spendersi la faccia propria, e fare massa critica con un patto generazionale orizzontale. Se la Innocenzi riesce dove Pannella ha fallito, è perché l'universo giovanile non comprenderebbe un'esclusione che apparve invece perfettamente comprensibile (la si condividesse o meno) nei confronti di quell'elefante della politica italiana che è il leader, radicale. Applicate lo stesso metodo alla dialettica fra i nipotini di Veltroni e D'Alema, e magicamente vedrete sfarinarsi i macigni che rendono la vita interna del Pd così bloccata, e lontana dalla realtà del paese.


Stefano Minichini

9 ottobre 2008

Api folli

Bernard Mandeville, medico, economista e filosofo inglese vissuto a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, raccontava la storia di un alveare in cui ogni ape, guidata dall'egoismo, lavorava per sé e tutte le api forti e giovani non si curavano di quelle vecchie e malate, che morivano, facendo sì che l'alveare fosse efficiente e florido. Un giorno però arrivò un ape che predicava l'altruismo e l'uguaglianza, così le api cominciarono a prendersi cura l'una dell'altra, quando poi arrivò l'inverno non avendo abbastanza scorte tutte le api morirono.
Questa favola è stata da sempre considerata come un'ottima semplificazione del pensiero liberista: coltivare l'interesse personale porta al benessere dell'intera società.

Ho letto il discorso fatto a Toulon il 25 settembre da Nicolas Sarkozy.

Il presidente è intervenuto per parlare riguardo alla crisi economica che sta sconvolgendo tutto il mondo. Mi hanno colpito molto alcune espressioni incisive che lui ha indirizzato verso l'idea di mercato "deregolarizzato". Dice Sarkozy:

"La génération qui avait vaincu le communisme avait rêvé d'un monde, où la Démocratie et le marché résoudraient tous les problèmes de l'humanité. Elle avait rêvé d'une mondialisation heureuse qui vaincrait la pauvreté et la guerre.
Ce rêve a commencé à devenir réalité : les frontières se sont ouvertes, des millions d'hommes ont été arrachés à la misère, mais le rêve s'est brisé sur le retour des fondamentalismes religieux, des nationalismes, des revendications identitaires, sur le terrorisme, les dumpings, les délocalisations, les dérives de la finance globale, les risques écologiques, l'épuisement annoncé des ressources naturelles, les émeutes de la faim .
Une certaine idée de la mondialisation s'achève avec la fin d'un capitalisme financier qui avait imposé sa logique à toute l'économie et avait contribué à la pervertir. L'idée de la toute puissance du marché qui ne devait être contrarié par aucune règle, par aucune intervention politique, était une idée folle.

L'idée que les marchés ont toujours raison était une idée folle
."

"Questo sogno ha cominciato a divenire realtà: le frontiere si sono aperte, milioni di uomini sono stati sottratti alla miseria, ma il sogno si è infranto sul ritorno dei fondamentalismi religiosi, dei nazionalismi, delle rivendicazioni identitarie, sul terrorismo, i dumpings, le delocalizzazioni, le derive della finanza globale, i rischi ecologici, il termine annunciato delle risorse naturali, i moti della fame.
Una certa idea di mondializzazione si raggiunge con la fine di un capitalismo finanziario che aveva imposto la sua logica a tutta l'economia e aveva contribuito a pervertirla.
L'idea dell'onnipotenza del mercato che non doveva essere contraddetto da alcuna regola, da alcun intervento politico, era un'idea folle.

L'idea che i mercati hanno sempre ragione era un'idea folle"

Tralasciando il grossolano errore storico che Sarkozy commette nel descrivere la fine del comunismo come una vittoria dell'occidente, è inevitabile pensare, leggendo queste righe, al nostro beneamato (mica tanto) governo, al ministro Giulio Tremonti, una volta paladino della cosiddetta "deregulation" e che ora, mutando la pelle, senza tanto rumore è passato dalla parte di chi una volta contestava, dando prova di incoerenza e opportunismo, o al cavaliere Berlusconi, che nelle sue dichiarazioni non accenna neppure all'idea che possa essere il sistema ad essere sbagliato, ma parla solo di qualche mascalzone che va punito.
La finanza creativa ha dimostrato di essere fallimentare e devastante per l'economia del mondo occidentale, non è bastato il 1929 a dimostrarlo, ci siamo ricaduti dagli anni '70 fino ad ora: lo stato deve continuare a impicciarsi dell'economia solo quando gli interessi dei potenti rischiano di fare una brutta fine (e con loro, purtroppo, anche i soldi di tanti piccoli risparmiatori).
Ecco Mandeville che si scioglie al sole e le sue api che non si sono mai preoccupate dell'alveare e ora pretendono di prendersi il miele, volano sempre più a fatica. Il liberismo sfrenato invece di produrre ottimo miele ha stecchito pure le api più sane e forti.
Eppure chi ieri sosteneva "idee folli" si trova ora al potere, dovendo gestire una situazione tragica creata dalle sue stesse idee e con ipocrita faccia tosta parla di singoli malfattori, dimostrando di non aver capito (o fingendo di non aver capito) un tubo di cosa sta succedendo nel mondo, oppure (e parlo del presidente francese), con ancora più faccia tosta assegna queste idee a un'indefinibile entità terza , a un'idea diffusa, che non si sa bene a chi attribuire. Beh facciamoli i nomi, diciamo pure che a portare a questa crisi sono state le destre, in primo luogo la Tatcher, Reagan, Bush senior, nel nostro piccolo Berlusconi e la sua conventicola. E monsieur Sarkozy di sicuro non può chiamarsene tanto fuori.
Grazie a loro il mondo finanziario ha agito sempre come se fosse slegato dal mondo produttivo, condividendo con esso solo la sua crisi e non il suo fiorire portato da operazioni prive di garanzia alcuna, in una realtà in cui è mille volte più conveniente intraprendere azioni finanziarie che produttive, le prime praticamennte a costo 0, le seconde tassate spesso oltre il 50%.
Quando, invece, il governo Prodi si azzardò a proporre di tassare le rendite finanziarie al 20% si creò un putiferio e invece questa crisi dimostra che ancora una volta il professore ci aveva visto lungo, ma nessuno renderà merito alla sinistra.

Ora le destre metteranno per un po' Mandeville nel cassetto per ritirarlo fuori tra qualche anno, giusto il tempo di farci pagare le conseguenze delle loro idee folli.


Giovanni Venturelli

8 ottobre 2008

IL DIBATTITO SULLA FUGA ALL’ESTERO DELLE MIGLIORI RISORSE DEL NORDEST: COME DIVENTARE UN POLO DI ATTRAZIONE DI CERVELLI

Il professore ha appena terminato di scrivere sul libretto universitario la votazione dell’esame: “trenta/trentesimi”. Si toglie gli occhiali e punta il suo sguardo severo dritto negli occhi dello studente dicendo: “Lei promette bene, voglio darLe un consiglio: ha qualche particolare ambizione professionale?” Ipotizzando una risposta affermativa dallo studente, il docente aggiunge: “E allora se ne vada via, se ne vada dall’Italia. Lasci l’Italia finchè è in tempo! Cosa vuole fare? Il chirurgo? Qualsiasi cosa decida, vada a studiare a Londra, a Parigi o in America, se ne ha la possibilità. L’Italia è un Paese da distruggere, un posto bello ed inutile. Qui rimane sempre tutto immobile. Uguale. In mano ai dinosauri”.
Questa scena non si è verificata qualche giorno fa in uno degli Atenei del NordEst, ma è tratta dal film, “La Meglio Gioventù”, di Marco Tullio Giordana. Certo le parole amare e disincantate del docente si sentono spesso in televisione e sulla stampa. Per i miei coetanei l’Italia rischia di rimanere un luogo carico di affetti, di speranze e di sogni, ma gravido di potenziali delusioni, anche professionali. Specialmente per coloro che scelgono la strada dell’università, della ricerca, delle professioni intellettuali. Leggo senza sorpresa la recente inchiesta de Il Gazzettino che denuncia come le migliori risorse del NordEst siano indotte a lasciare le nostre città ed i piccoli comuni per motivi economici, di carriera, di opportunità. Ed inevitabilmente penso a molti amici e volti che ho conosciuto negli anni universitari: penso al talento artistico ed umanistico di Maddalena che divide il suo impegno di ricercatrice tra il Belgio, la Spagna ed il Portogallo, penso all’economista Laura, un vulcano di idee e di risorse, assunta da piu’ di un anno in un centro di ricerca a Parigi e Marco, genio del computer e dell’informatica, che dopo un dottorato in California ora lavora in Google. Questi sono i piccoli grandi semi del NordEst che stanno sbocciando in altre parti dell’Europa e del mondo e che, con grande probabilità ormai il NordEst ha perso. Non credo tuttavia che questo sia un problema. Innanzitutto perche’ la scienza, il sapere e la ricerca non hanno confini geografici: sarebbe assurdo e controproducente invocare forme di protezionismo o federalismo accademico o intellettuale. In secondo luogo condivido le motivazioni illustrate recentemente da Ilvo Diamanti: viviamo in un sistema aperto, non possiamo piu’ rimanere ancorati all’idea di un NordEst chiuso, autosufficiente, anche per quanto riguarda il mercato del lavoro delle professioni intellettuali e della ricerca. “Se gran parte dei giovani ritiene necessario andarsene dall'Italia, - scrive il sociologo Diamanti- per inseguire un lavoro più adeguato alle loro competenze e alle loro aspettative, allora, meglio lasciarli andare. E se non ne hanno troppa voglia, invitiamoli a partire”. Cerchino dunque condizioni di vita piu’ favorevoli, sbocchi professionali all’altezza della preparazione ricevuta e delle loro ambizioni, un ritorno economico piu’ dignitoso ed equo di quanto potrebbero ottenere nel nostro Paese.
Molti politici ed opinionisti sono preoccupati per il fenomeno definito “fuga dei cervelli”: forse non dormono la notte pensando ad un potenziale vuoto di idee, proposte e risorse che incombe sul NordEst. E al mantra della “fuga dei cervelli” si sostituisce quello del “rientro”. Da questo punto di vista l’esito della legge Moratti-Berlusconi sul rientro dei cervelli è quasi vergognoso: da una recente ricerca pubblicata nel novembre 2007 risulta che a fronte di oltre 50 milioni di euro spesi e di 466 potenziali docenti che sono rientrati in Italia, solo 45 sono stati stabilizzati dai nostri Atenei. Un vero e proprio fallimento, se paragoniamo l’esito dell’analoga iniziativa spagnola che ha visto oltre il 50% dei docenti rientrati assunti dalle università.
Se dunque è opportuno adottare un atteggiamento “lasse faire” per quanto concerne il fenomeno della fuga dei cervelli e se i programmi di rientro si rivelano inefficaci nel contesto italiano, dobbiamo rassegnarci ad un futuro di declino? No, di certo. E’ necessario tuttavia identificare la vera sfida che il sistema economico sociale e politico nazionale deve affrontare. Abbandonando la retorica della fuga, dobbiamo lavorare sull’opportunità di diventare un polo di attrazione internazionale per le risorse intellettuali. Non dobbiamo impedire che i nostri giovani espatrino, ma dobbiamo realizzare le condizioni di sistema per attrarre le migliori competenze dal Giappone, dalla Cina, dal bacino del Mediterraneo e perche’ no, anche dagli Stati Uniti. Solo cambiando radicalmente la mentalità e cioè ragionando in un ottica di “attrazione dei cervelli” e non piu’ di fuga, riusciremo a produrre innovazione e garantire la competitività e la sostenibilità nel lungo periodo del nostro sistema economico e sociale. Le possibili linee di intervento non si limitano solo al miglioramento del trattamento economico delle professioni intellettuali, dei manager, degli innovatori o allo sforzo di rendere i territori piu’ culturalmente attraenti e fervidi secondo i suggerimenti di Richard Florida. Possiamo fare molto di più, ad esempio garantendo un orizzonte davvero internazionale alla formazione universitaria, promuovendo corsi di laurea e dottorato in lingua straniera, stringendo accordi specifici con università e Paesi Esteri emergenti come Brasile, India e Russia senza dimenticare di guardare al bacino Mediterraneo come un “mare nostrum” di competenze di talenti, di competenze, di risorse qualificate da attrarre nel nostro Paese. Solo in questo modo potremo trasformare il Nordest da terra di brain drain in un polo di attrazione di talenti, risorse e competenze, archiviando l’Italia dei dinosauri, della conservazione, l’Italia senza idee e senza ambizioni, che rischia di spegnere la voglia di innovazione e cambiamento dei ventenni e dei trentenni.

Paolo Giacon
Esecutivo Regionale del Partito Democratico del Veneto

7 ottobre 2008

Processo Mills, il Lodo non basta, il Caimano rischia grosso.

I giudici di Milano hanno inviato alla corte Costituzionale il Lodo Alfano: sarà la Consulta a decidere se è coerente con la nostra Carta Costituzionale una legge ordinaria che garantisce l'immunità a 4 cittadini( anche se è ovvio che la legge è stata fatta per le esigenze di un solo cittadino).

Ma è accaduto anche quello che l'avvocato del premier Ghedini, vero artefice nemmeno troppo le quinte del Lodo Alfano, temeva di più.

Il processo continua!!!!

Chi ha scritto la legge, causa la vigilanza del Capo dello Stato, che non avrebbe firmato, non è arrivato fino al punto di prescrivere la sospensione dei procedimenti a carico dei correi.

Accade così che , mentre il processo si ferma per Berlusconi, l'imputato di corruzione protetto dal lodo, continua per Mills, accusato dello stesso reato. Fosse condannato Mills, si avrebbe quindi una sentenza che afferma che c'è stata corruzione, con un corrotto ( Mills ) e un corruttore ( Berlusconi).

Catastrofe inimmaginabile per il premier.

Nonché grosso casino giudiziario per parlar chiaro.

Infatti, una volta condannato Mills, Berlusconi avrebbe diritto ad un nuovo processo, che però potrebbe essere celebrato solo una volta che il Lodo fosse definito incostituzionale oppure, se la Consulta lo convalidasse, solo una volta che il premier non fosse più tale ( e nemmeno presidente della Repubblica o di uno dei due rami del parlamento).
Questo processo non potrebbe più essere celebrato dall'attuale corte, che, avendo già emesso una condanna sulla stessa vicenda, non potrebbe più essere considerata "super partes".
Il nuovo collegio giudicante a quel punto, magari tra qualche anno, con Berlusconi quasi ottuagenario, potrebbe assolvere Berlusconi, con il conseguente paradosso giuridico: condannato il corrotto, si assolve il corruttore.
Ma non sono certo i paradossi giuridici quelli che turbano il premier ( le sue leggi sono lì per dimostrarlo) .
Quello che lo turba è il gravissimo contraccolpo di immagine che ricaverebbe da una condanna di Mills.
E, ovviamente, non si preoccupa di quello che direbbero in Italia, dove una banda di corifei alla guida di buona parte dei tg più importanti, è già pronta ad oscurare in tutti i modi la notizia, ma di quello che direbbero all'estero.
Il premier è convinto di avere contribuito con la sua politica al prestigio dell'Italia e teme che questa vicenda possa danneggiarlo moltissimo sul piano dell'immagine.

Da questo punto di vista, però, possiamo tranquillizzarlo.
Né la sua politica, né, tanto meno, le sue performance ( v. la sceneggiata al Parlamento Europeo di qualche anno fa con gli insulti a Shultz) hanno dato prestigio all'Italia.La condanna di Mills aggiungerebbe al quadro che hanno di lui nel mondo solo qualche pennellata in più.
Perché, parliamoci chiaro, Silvio non è De Gasperi.
E nemmeno Fanfani.
E' Silvio e basta.
Cioè un pifferaio seguito da una banda sempre più folta di topi.
Italiani.


Vincenzo Cusumano

6 ottobre 2008

L’apartheid: viaggio nel regime di segregazione che sta nascendo a Nord-est

Titolo: L’apartheid: viaggio nel regime di segregazione che sta nascendo a Nord-est
Autore: Toni Fontana, nato a Feltre (Belluno) e giornalista del L’Unità
Introduzione: Walter Veltroni
Capitolo 14: I venti anni di Meryem Note: questa storia non è inventata, ma vera. La ragazza è fatta di carne e ossa che potete vedere QUI e la sua battaglia è testimoniata in numerosi articoli come QUESTO.

I VENTI ANNI DI MERYEM
Ormai vengo spesso in piazza dei Signori , bella e accogliente, con i tavolini del bar ‘Signori e signore’ sempre pieni di gente e i camerieri che trottano tra un tavolo e l’altro. Meryem è puntualissima, “Sai” esordisce indicando i tavolini della pizzeria che si affaccia sulla piazza centrale di Treviso “ho lavorato lì per alcuni mesi e questi luoghi li conosco bene.”
Meryem ha 21 anni, è carina, i capelli crespi e nerissimi coprono un viso minuto e delicato, un po’ nascosto dagli occhialini.
Non si può non crederle quando dice che sugli autobus si rivolgono a lei parlando in italiano e si lamentano degli extracomunitari, salvo poi fare un passo indietro quando scoprono che è marocchina. Ma se non è lei a dirlo è difficile, se non impossibile, scoprirlo. Parla con un accento della Marca, non molto evidente e percepibile, ma padroneggia così bene l’italiano che non passa per la mente di chiederle da quale paese proviene.“Avevo dieci anni quando mio padre mi ha portata in Italia da Casablanca, lui viveva qui da molti anni, dal 1987, e aveva già girato diverse città prima di stabilirsi a Treviso, era stato per un certo periodo anche in Spagna. Subito ho fatto amicizia con altre bambine italiane e ho imparato la lingua, all’inizio non ho incontrato problemi. Poi quando ho iniziato la quinta elementare ho cominciato a sentire le prime battute razziste.” […]
Ora Meryem studia economia internazionale all’università di Padova e lavora “per alcune ore, ma con contratto a tempo indeterminato” per un’importante catena di grandi magazzini. Il lavoro non manca , non si tratta di nascondere il fatto che qui nella Marca le occasioni sono cento volte più numerose che in altre parti d’Italia. Ma qui sta il punto. Di quale integrazione stiamo parlando?
“A scuola, soprattutto alle medie, mi offendevano quasi tutti i giorni” ricorda Meryem “io mi sono abituata a rispondere, fin che è possibile mi difendo con le parole, quando superano il limite e non vi sono alternative, meno le mani”.
La ragazza è delicata e cortese, educata e parla con estrema calma, è difficile immaginarla mentre prende a sberle qualche coetaneo che, mi viene da pensare, se l’è andata a cercare.
“Se non reagisci,” prosegue “ti abitui a subire, a non contrastare. Alcuni studenti di origine marocchina come me non ce la fanno a reagire, sono intimoriti, incassano. Ma ciò è molto pericoloso perché chi subisce finisce poi per covare rabbia e aggressività e quando poi cresce si sfoga sviluppando una violenza cento volte superiore. Non mi sono mai occupata di politica e ho sempre accarezzato un sogno, quello di formarmi e studiare qui nel Veneto e poi andarmene, da qualsiasi parte, in un luogo in cui la mentalità è più aperta. Qui hanno osato dire che veniamo dalla savana, che non abbiamo cultura. Molti di noi si nascondono, si vergognano di venire da un altro paese, di possedere altri valori ed insegnamenti. L’altro giorno stavo sull’autobus. Spesso, anzi quasi sempre, mi scambiano per un’italiana, una donna ha iniziato a parlare male degli immigrati e quando le ho detto che sono nata in Marocco ha fatto un passo indietro.[…]
Ora Meryem, Amina, Tahra e tante altre e tanti altri hanno fondato il gruppo Seconda Generazione che, scoprirò l’indomani, ha anche il sottotitolo: “Associazione padana per la tutela dei diritti dell’uomo e per il volontariato”. “Stiamo cercando una sede, siamo tutti giovani figli di immigrati, i genitori di molti di noi, come me, hanno il passaporto italiano e votano alle elezioni. Per domani abbiamo promosso la seconda manifestazione di protesta, poi, per un mese, ci dedicheremo solamente al volontariato. Ci occupiamo del recupero di coloro che cadono vittime della droga e dell’alcol. Abbiamo convinto due ragazzi a tornare a casa e a riprendere la scuola. Aiutiamo gli insegnanti di sostegno,i bambini che devono imparare l’italiano, ma alcuni valori, come quello della lealtà, devono essere insegnati solo da maestri madrelingua. Andremo negli ospedali per aiutare le gestanti che non parlano italiano, i malati che non riescono a farsi capire.”
L’integrazione? “Noi puntiamo sulla convivenza, sulla possibilità di vivere tutti assieme. Io e alcune mie amiche vogliamo andarcene di qua, ma molti di noi vogliono restare e sperano in un futuro migliore. Se le cose non cambieranno finirà come nelle banlieue di Parigi. Non ho paura del carcere se ci dovrò finire per difendere i miei diritti. […]
Noi stiamo lavorando per la terza generazione, quella che verrà, quella dei nostri figli che non sono ancora stati concepiti. La nuova generazione, quella che verrà dopo la nostra, vivrà in condizioni migliori, la società sarà abituata alla convivenza, anche la prossima generazione dei veneti non sarà razzista, per loro sarà normale stare assieme a giovani italiani nipoti dei primi immigrati. Se non me ne sarà andata manderò a scuola i miei figli in una società nella quale le discriminazioni saranno un lontano ricordo.”

Consiglio a tutti di leggere il libro di Toni Fontana, uscito da poco nelle librerie e propongo al giovanile di contattare Meryem e lavorare con lei per la prossima generazione, quella che verrà, che vivrà in condizioni migliori. Non è Meryem e chi come lei a dover lasciare il Veneto. Lei arricchisce Treviso dove vive e Padova dove studia. Lei e le sue amiche non sono una minaccia per la nostra cultura, la nostra storia e le nostre tradizioni. Abbiamo qui vicino una persona in carne ed ossa che incarna il più profondo spirito europeo di ricerca della libertà e la tolleranza della religione musulmana non fondamentalista. Non possiamo lasciarla sola, né lasciarci scappare l’opportunità concreta di fare qualcosa di importante.


Laura Frigo

3 ottobre 2008

Crocetta, simbolo dell'antimafia "Basta divisioni, entro nel Pd"

Il sindaco pdci di Gela minacciato dalle cosche e rieletto con il 64% dei voti "Ne parlerò prima con Diliberto: troppi ideologismi". L'incontro con Veltroni

ROMA - Dice che la "sinistra radicale rappresenta ormai un politica vecchia" perché "non c'è più solo il conflitto sociale, il mondo è cambiato e non hanno senso le divisioni dei progressisti". Rosario Crocetta è il sindaco di Gela, sindaco antimafia, protagonista, suo malgrado ovviamente, di conversazioni intercettate tra boss di Cosa nostra dove viene additato come un nemico, sei uomini di scorta giorno e notte. Crocetta è il fiore all'occhiello del Pdci, primo cittadino rosso in una terra dominata dal centrodestra, confermato per il secondo mandato con il 64 per cento.
"Il comunismo per me significa condividere certi valori, lottare per gli ultimi, per la Costituzione, per l'antifascismo. Ma non amo le ideologie e non sono mai stato marxista, neanche da giovane". Insomma, Crocetta ha incontrato Veltroni venerdì scorso in Sicilia, da tempo subisce il pressing del suo amico Beppe Lumia, senatore del Pd, e sta per fare il salto: lascia i comunisti italiani e aderisce al Partito democratico.

Non ha ancora preso una decisione definitiva. "Sto riflettendo". Parlerà con Oliviero Diliberto. Ma la scelta appare davvero vicina. Veltroni vuole portarlo sul palco della manifestazione del 25 ottobre, simbolo della Sicilia onesta che può persino vincere in una terra dominata dal centrodestra. Lui ha già pronunciato un mezzo sì: "Mi convince il progetto di cambiamento di Veltroni. È un politico contemporaneo, ha letto una mia intervista, mi ha chiamato, ci siamo capiti. Mi piace l'idea di una formazione politica post ideologica, un progetto che parla a tutta la società italiana". Naturalmente un sindaco antimafia ha anche bisogno di non rimanere solo con la sua battaglia. "La sinistra radicale non è più rappresentata in Parlamento e io devo avere un interlocutore. Lo faccio non tanto per me, non perché ho paura ma per il mio ruolo, per il mio lavoro".

Alle assemblee del Pdci il disagio di Crocetta cresceva via via: "Lì la Confindustria resta un nemico di classe. Ma quando torno in Sicilia, l'associazione degli imprenditori è una mia alleata nella lotta al pizzo, così come il comitato antiracket di Tano Grasso". Crocetta poi non crede all'efficacia di una "semplice testimonianza, di una battaglia di nicchia". E il comunismo? "Quello in cui mi riconosco lo sento anche nelle parole di Veltroni: solidarietà, difesa dei poveri, legalità. E il Pd non può rinunciare a questi capisaldi".

Il sindaco di Gela non nasconde la sua omosessualità. Senza sbandierarla, senza farne la cifra del suo stare in politica. Ma nel Pd troverà i fronti contrapposti nella partita sui diritti. "Molti anni fa guidavo un'unità di fabbrica dell'Eni con 600 operai. Se il mio essere omosessuale lì non è stato un problema, figuriamoci nel Partito democratico. Io sono omosessuale, cattolico praticante, vado a messa tutte le domeniche, partecipo a un gruppo pastorale. Non credo negli steccati, ma solo nel confronto". Parole che piaceranno a Veltroni.
Articolo di GOFFREDO DE MARCHIS
Tratto da La Repubblica del 1/10/2008
LINK originale

1 ottobre 2008

Le critiche della Destra ed i problemi del giovanile: come reagire

Il 27 settembre è uscito sul Il Giornale un articolo di Luca Telese, che descrive il processo di formazione dei Giovani Democratici. Questo articolo presenta un quadro nazionale frammentato e complesso e ovviamente mette in cattiva luce la situazione attuale. Scelta politica ovviamente...altro che cronaca. Appare inoltre particolarmente di cattivo gusto utilizzare fatti della vita privata, in particolar modo sentimentale, delle persone per sostenere l’esistenza di alleanze politiche, come fa Telese nell’articolo citato. Un’altra riflessione viene però da fare: l’articolo colpisce nel segno, perché la situazione politica nazionale dei Giovani Democratici è effettivamente molto difficile. Le varie correnti, legate ognuna al proprio padrino politico, si affrontano fra di loro, con scarsa attenzione a ciò che avviene al territorio. Intendiamoci, non credo che nelle organizzazioni giovanili degli altri partiti la situazione sia molto migliore, ma certamente noi non stiamo facendo una bella figura.
Come se ne esce?
Bisogna che il giovanile sia davvero autonomo, che si autogestisca politicamente ed operativamente e, se necessario, sappia anche criticare il partito. Non è negativo di per sé che vi siano diverse aree all’interno di un’organizzazione ampia e plurale come quella che andiamo a costruire, ma non è possibile che vengano riproposte le correnti del partito, declinate al giovanile. Se ci devono essere divisioni deve essere sui temi concreti, non sulla vicinanza con questo o con quel “padrino” politico.
Bisogna poi che il rinnovamento non sia visto soltanto come sostituzione di vecchi dirigenti con nuovi (ambito nel quale peraltro il Pd non è che si sia sforzato nemmeno tanto), ma riguardi anche e prima di tutto il movimento giovanile: via i “giovani vecchi”, che concepiscono la politica come una professione già a 20 anni (od anche, peggio ancora, a 15). Persone che per fare politica a tempo pieno non studiano, non lavorano, sperando che sia poi il partito a trovare loro un posto di lavoro. Che ricchezza possono portare ad un partito nuovo queste persone, giovani all’anagrafe, ma vecchie nel cuore? Porte aperte a gente nuova, che studia, lavora fa volontariato, sta davvero nella società, anzi: è società.
Autonomia e rinnovamento dunque. Queste sono le parole d’ordine di Generazione Democratica. Sono parole molto pronunciate e poco praticate, nel Partito Democratico come altrove, ma siamo consci che questa è l’unica via per dare un senso al movimento giovanile, e dunque per tornare ad intercettare il voto dei giovani.
La battaglia è dunque difficile, ma intendiamo combatterla. E vincerla.


Matteo Corbo
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