27 marzo 2008

Il mondo non boicotterà la Cina

James Fallows per The Atlantic : “La Cina ha aperto le porte ai mercati mondiali da 25 anni. Da allora i leader del Paese hanno tenuto deliberatamente basso il tenore di vita dei loro cittadini e hanno alto quello degli statunitensi. Si spiega così l’enorme eccedenza della bilancia commerciale cinese – più di 1.400 miliardi di dollari che crescono al ritmo di un miliardo al giorno – investita soprattutto in titoli del tesoro statunitense. Di fatto, negli ultimi anni ogni abitante della (ricca) America ha preso in prestito circa 4.000 dollari da un cittadino della (povera) Repubblica Popolare Cinese.”Ecco cosa lega il più forte stato autoritario alla democrazia più potente del Globo e perché il Mondo sta ripagando con una imbarazzata impotenza la disperata rivolta tibetana.Siamo di fronte ad un paradosso che sembra l’avverare una profezia marxista: il più grande Paese comunista tiene in scacco la terremotata economia mondiale; lasciare o stringere la presa non gli conviene, ma se qualcuno disturbasse con troppe domande e discorsi umanitari non si esclude il ricorso a qualche strizzatina: lo strumento è il fondo sovrano di investimento all’estero e le sue agenzie con il quale il P.c.c. influenza imprese e governi occidentali.

Lo sanno bene gli stati UE che hanno già accantonato l’ipotesi di boicottaggio. Lo sa bene l’Italia che ha quasi l’80% di prodotti di largo consumo proveniente di fatto dalla Cina. Inoltre l’Impero di Mezzo siede nei consigli di amministrazione delle banche americane, puntellandone le mura, e sostiene i fondi di investimento dei pensionati occidentali con il lavoro sottopagato dei lavoratori cinesi. L’invio di osservatori ONU in un Paese che siede nel Consiglio di sicurezza appare una soluzione parziale. i confini cinesi sono custoditi dal più grande esercito del mondo, dotato degli ultimi ritrovati occidentali e russi e delle nuove tecnologie spaziali autoctone. La Cina è il motore della globalizzazione e la drammatica conferma che il libero mercato funziona (purtroppo) anche senza libertà civili. Gli unici standard che Hu Jintao e compagni sono disposti a rispettare sono quelli del liberismo globalizzato.

Forse il boicottaggio farebbe molto più male a chi lo attua che alla Cina; di certo non possiamo contare sulle grandi marche sportive che finanziano le olimpiadi o sulle televisioni che da tempo hanno acquistato i diritti per i giochi. Secondo Bush l'eventuale decisione di rinunciare dovrebbe riguardare gli atleti. Anche il Dalai Lama si è pronunciato contro il boicottaggio.

Sul fronte italiano il segretario del Coni e capo delegazione a Pechino Raffaele Pagnozzi ha spiegato che Pugni alzati di Smith e Carlos a Messico '68 in chiave tibetana «sarebbero sbagliati verso i tanti cinesi che si aspettano aperture grazie alle Olimpiadi e che invece subirebbero restrizioni. Il tutto e subito è impossibile da ottenere». I decision-makers occidentali si sono chiaramente espressi.

Intanto, una tedofora thailandese, l'ecologista Narisa Chakrabongse, presidente della Green World Foundation,ha annunciato che non porterà la fiamma olimpica in segno di protesta. La Farnesina chiede una missione europea a Pechino per discutere la situazione del Tibet, a seguire il presidente del Parlamento europeo Poettering chiede che capi di Stato e di Governo facciano sapere a Pechino che diserteranno la cerimonia di apertura l’8 agosto se la Cina non dimostrerà di rispettare gli impegni assunti sui diritti umani al momento dell’assegnazione. E’ anche la richiesta di Human Rigths Watch e Reporter sans Frontieres cui ha già aderito, unico finora in Europa, il ministro degli Esteri francese Kouchner.

I Giochi nell’antichità erano istituiti in onore di divinità o per onorare un defunto consentendogli un più agile passaggio ultraterreno. Si pensava che il sangue ed il sudore versati in questa occasione fossero fonte di energia per il defunto. Se proprio boicottaggio non sarà allora sogno la bandiera tibetana sventolata dal podio: lo dobbiamo a quanti sono morti in questa repressione ma è la politica innanzitutto che noi cittadini dobbiamo chiamare alla responsabilità, non gli atleti, perché quando i diritti umani sono in pericolo allora anche tutti noi lo siamo.

Quale sarà la scelta dei nostri rappresentanti lo sappiamo e temo i finali possibili di questa storia. Il più realistico nasce da un presente poco incoraggiante che vede lo spegnersi della rivolta nel silenzio e il sangue smacchiato dalle strade. La Cina darà un incredibile spettacolo di grazia armoniosa ed i giornalisti occidentali, embedded, ci racconteranno le meraviglie della crescita cinese in zone vuotate dai poveri e in città ripulite temporaneamente dallo smog. Celebreranno le lodi dello sviluppo infinito, della crescita del PIL a due cifre che innalza altissimi grattacieli pacchiani, e i fantasmi dei monaci tibetani schiariranno nell’abbagliante luce del suo progresso senza regole al quale fa da cornice un impenetrabile ed inflessibile comunismo asiatico, che si specchia nel turbo-capitalismo ma che, impassibile, non si adatta alle nostre speranze di democrazia. Il secondo finale nasce dal passato. Mosca 1980, i Giochi Olimpici si tengono in piena Guerra Fredda. Una super potenza autoritaria viola il diritto alla libertà di un popolo con la forza: è l'armata sovietica in Afghanistan. Si crea un fronte pro - boicottaggio che vede in prima linea gli Stati Uniti: gli atleti italiani parteciperanno comunque. Nove anni dopo cadde l’Unione Sovietica.




Fabio Pagini Rizzato

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