15 aprile 2008

Che fare: pensiero e radicamento

I volti e le voci di chi in questa campagna elettorale si è speso con generosità e passione esprimono delusione, amarezza, rassegnazione. Ora assistiamo al solito valzer dei “Me ne vado in Trentino”, “io in Toscana”, c’è addirittura chi preferisce l’Inghilterra o la Spagna. Prima di fare le valige, però, cerchiamo di capire.
Veltroni ha fatto il massimo, ha parlato al Paese e non al partito (o almeno, non solo, al partito), ha esplorato territori fin qui oscuri al centro-sinistra italiano, dando a tutti una lezione di Politica.
Chiunque altro avrebbe raggiunto molti meno consensi.
Il Partito Democratico nato effettivamente attraverso le primarie del 14 Ottobre ha avuto pochi mesi per strutturarsi e iniziare una campagna elettorale tutta in salita, conclusa con un decoroso 34%.
Considerando il breve margine di tempo, “decoroso” è un aggettivo forse troppo severo. Non possiamo nascondere, però, che ad un certo punto ci abbiamo creduto, sembrava avessimo riaperto la partita: le piazze erano piene ad ogni ora, con qualsiasi tempo, in ogni regione, e questo ci confortava. Un vento nuovo. Un vento che non si capiva da dove spirasse: da Nord, da Sud? Poi ci siamo accorti ( o meglio ri-accorti) che quel vento del nord (43 – 45) è stato rubato da un anonimo cavaliere, con tanto di elmo e di spada.
E chi, come me, era in seggio questo l’ha subito intuito. Ogni scheda una sofferenza: sentivo cinque volte Pd, tre Pdl, due o tre Lega. E mi è andata anche bene...
Me lo dico sempre: il Veneto è anche quello di Meneghello, Rigoni Stern, Zanzotto, Tina Merlin. Ma ho come l’impressione di parlare al vuoto.
Mi dico sempre anche quanto siano stati in gamba i veneti a fare di questa regione “Sud del Nord” uno dei traini dell’economia nazionale. Da contadini a piccoli imprenditori. Dall’aratro a internet. I
l tutto con un grande spirito di iniziativa.
Ma perché nessuno capisce che per noi del PD tutto questo fa parte del nostro orizzonte?Abbiamo perso, anche questa volta tra i ceti popolari. Ma come facciamo a convincerli? Dobbiamo anche noi parlare solo alla pancia? Dobbiamo anche noi promettere di vestire gli immigrati da conigli e poi sparare?
Mi è difficile capirlo. Forse basterebbe una sana politica riformista, ma non ne sono così sicuro.
Due cose, però, ci attendono subito: pensiero e radicamento.
Una profonda riflessione sul Partito Democratico non è ancora stata fatta: cosa significa essere democratici nel 2008? Quali sono i nostri riferimenti culturali? Siamo sicuri che basti essere la somma tra la tradizione socialista e quella cristiano-democratica?
Siamo un partito riformista di sinistra democratica come dice, con ottime motivazioni, Pierluigi Bersani? Cosa significa essere partito-nazione? Insomma molte sono le questioni sul tavolo.
Secondo: il radicamento. Prima ancora che in Parlamento dobbiamo avere la maggioranza nel Paese; alcuni la chiamerebbero egemonia, ma è poco importante.
Questo perché, caro Norberto Bobbio, ancora non mi rassegno anche se la tentazione è molta. Diciamo così, l’Italia questa volta (come molte altre) ha virato a destra, ma sul “naturaliter” ne parliamo più avanti.


Paolo Tognon

2 commenti:

vinza ha detto...

Hai ragione Paolo.
Ci eravamo illusi.
Dobbiamo riflettere sul perchè non prendiamo voti tra i ceti popolari...credo tuttosammato che sia un problema di immagine e comunicazione. Il PD deve assolutamente essere nell'immaginario comune e nei fatti un grande partito del Lavoro!

chiara ha detto...

Sono Giacomo, coll'account di mia madre.
Sono davvero abbattutto, amici, colleghi di speranze poi infrante. Sono in difficoltà con i conoscenti e gli amici che hanno votato Berlusconi, un uomo che non ha esitato a definire tutti noi "antropologicamente e geneticamente inferiori". E' un duro colpo ricominciare, ma ci si proverà

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