12 aprile 2008

Confronto governo Berlusconi - governo Prodi

LA POLITICA ESTERA

E’ ben difficile svolgere un confronto fra la politica estera portata avanti dal governo Prodi e quella del governo Berlusconi, per il semplice motivo che quest’ultimo…non ha condotto alcuna politica estera. Nel quinquennio 2001-2006 è infatti mancata all’Italia una qualsivoglia linea coerente nei rapporti con l’estero.
Il governo Berlusconi ha infatti continuamente mutato di avviso su tutte le principali questioni internazionali, ha siglato alleanze contraddittorie, ha utilizzato in ogni singola crisi internazionale un modus operandi differente.
La prima e fondamentale differenza fra la condotta dei due governi sta quindi proprio in questo: mentre Prodi ha sempre cercato di tenere una linea coerente, Berlusconi non ne ha mai avuta una.
Cercando comunque di estrapolare alcune linee conduttrici della politica estera berlusconiana, possiamo affermare che le sue principali caratteristiche sono state la totale sudditanza nei confronti degli Stati Uniti, la scarsa fiducia nel processo di integrazione europeo, l’enfasi continua sugli aspetti commerciali della politica internazionale ed infine il rifiuto della prospettiva multilaterale, in favore di un continuo tentativo di instaurare rapporti bilaterali con la grandi potenze mondiali.
La politica del governo Prodi è stata invece alquanto diversa: l’Italia, pur mantenendo una forte amicizia con gli USA, non ha lesinato critiche al loro operato, l’Europa è tornata al centro della nostra agenda politica, ai pur importanti aspetti commerciali si è tornati ad affiancare la tutela dei diritti umani nel mondo e il ruolo di mediazione nei conflitti, si è infine lavorato per valorizzare lo spessore della presenza italiana nelle organizzazioni internazionali.
La differenza più evidente fra Berlusconi e Prodi riguardo alla politica estera è stata comunque la posizione rispetto alla situazione iraquena: favorevole alla guerra il primo, artefice del ritiro delle truppe dal teatro del conflitto il secondo.
La politica estera del governo di centro-sinistra ha nel complesso riscosso ampi consensi fra gli altri governi e nell’opinione pubblica internazionale, tanto che all’Italia sono arrivati due importanti riconoscimenti: la guida (insieme alla Francia) della missione di pace in Libano e l’ingresso nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Tali riconoscimenti, impensabili sotto il governo Berlusconi a causa della sua incoerenza e del suo esasperato filo-americanismo, sono probabilmente il più tangibile segnale della serietà dell’azione e della bontà del lavoro di Romano Prodi sullo scenario internazionale.


Matteo Corbo


LA POLITICA EUROPEA

La coalizione di centro-destra che vinse le elezioni del maggio 2001 portò al governo, tra gli altri, AN e Lega Nord. Forza apertamente anti-europeista l’una, partito post-fascista l’altro, Berlusconi doveva dare al suo governo una immagine di affidabilità sul piano internazionale e perciò decise di mettere a capo della Farnesina una personalità di alto profilo quale Renato Ruggiero. Ben presto però le forze della maggioranza contrarie alle sue scelte filo-europeiste portarono il ministro degli esteri a rassegnare le dimissioni. Questa vicenda dimostrava come nella coalizione di governo convivessero spinte anti-europeiste, desideri velleitari di costruire una partnership privilegiata con alleati potenti come Stati Uniti e Gran Bretagna e sparute voci sostenitrici di una politica autenticamente europeista.
Per la restante durata della legislatura, con Franco Frattini prima e con Gianfranco Fini poi, la politica estera italiana ebbe, a causa di queste diverse anime, un andamento ondivago sul piano europeo (e non solo): il tentativo di allinearsi a Blair e al particolare atteggiamento britannico nei confronti dell’Unione portò l’Italia ad uscire dagli ambienti “che contano”, col risultato di ritrovarsi esclusa, come già altre volte in passato, da un nuovo direttorio franco-tedesco.
Rispetto al governo Berlusconi, le credenziali che presentava la coalizione guidata da Romano Prodi, reduce da cinque anni (1999-2004) di presidenza della Commissione europea, erano decisamente migliori, soprattutto se a questo si aggiunge l’elezione, da parte della neo-costituita maggioranza parlamentare, di un europeista della prima ora come Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica e la nomina di Massimo D’Alema come ministro degli esteri.
Alla prova dei fatti il governo Prodi ha saputo ritrovare la stella polare dell’integrazione europea, con un riavvicinamento del nostro Paese all’asse franco-tedesco e un rinnovato impegno per ridare slancio alla costruzione europea dimostrato nella conclusione del Trattato di Lisbona.
La strada percorsa nei mesi scorsi dal governo Prodi sembra essere quella che, se proseguita dal prossimo governo, porterà senz’altro ai migliori risultati possibili per il futuro: è evitando di ritentare inutili scappatoie “atlantiche” e arrivando ad una seria assunzione di responsabilità che il nostro Paese può legittimamente aspirare ad avere il posto che gli spetta all’interno dell’Unione Europea, nel cui solo alveo è possibile trovare quell’autorevolezza e quel ruolo di protagonista sullo scenario internazionale che da sempre l’Italia unitaria, invano, va cercando.


Gianluca Battaglia

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