10 ottobre 2008

Da Europa del 4-10-08

Fin dall'età della pietra, la poitica delle organizzazioni giovanili dei partiti è stata la parodia di quella dei grandi. Sicché, quando una ventiquattrenne radicale cresciuta alla politica da Marco Cappato si è candidata alle primarie già prenotate da un paio di young democrats di provata fede, si è potuto scrivere che alla parodia dello scontro fra i nipotini di D'Alema, Veltroni e Rutelli si aggiungeva anche la pronipote di Pannella. In effetti, lo schema entrista dei giovani radicali ricalcava quello già tentato due estati fa dal capostipite, quando invano Pannella cercò di infilarsi nelle primarie degli adulti poi vinte da Veltroni. Giulia Innocenzi ha avuto più fortuna e adesso pare avere le carte in regola per contendere la leadership dei piccoli al più quotato Fausto Raciti e agli altri candidati, Dario Marini e il delegato giovanile di Rosy Bindi, Salvatore Bruno.
Se in queste righe si avverte un tono leggero è solo perché i giovani devono sapere che la parodia è appunto un genere letterario un passo prima della farsa: possono quindi prenderla con un po' di spirito, atteggiamento che non sempre avverte chi li frequenta o li sfiora. Detto questo, la vicenda è invece serissima: perché coin- volge passioni sincere; e perché a noi pare decisiva per capire se esisterà un Pd dopo questo Pd, e come sarà.
Proprio i radicali e la loro bionda candidata luissina tornano utili come cartina di tornasole.
Un po' per antipatia innata, un po' per amore delle regole, un po' per ragionata avversione politica, molti adulti del Pd considerano grave l'incursione teleguidata da Cappato e rivendicano il rispetto della norma che avrebbe dovuto tener fuori dalle primarie giovanili chi non è cresciuto nel cortile di casa.
Niente contro la Innocenzi, molto contro l'abitudine radicale di volersi infilare (a tanti la vicenda delle elezioni politiche non è ancora andata giù). C'è chi dice che' stanno entrando nel Pd senza dichiararlo e pagare dazio, e c'è chi dice al contrario che siccome non stanno entrando nel Pd (infatti tengono il proprio apparato intatto) non dovrebbero cercare di condizionarne la vita interna. Si prescinde in genere dal valutare nel concreto come procede l'esperienza dell'alleanza, che in parlamento e in molte amministrazioni locali vede democratici e radicali procedere d'intesa. Il punto che vorremmo sollevare è però che queste valutazioni importanti nel giudicare l'alleanza fra adulti - dovrebbero essere abbandonate nel momento in cui la parola passa alle generazioni del Pd futuro. Attenzione, perché si parla adesso di radicali ma il discorso varrebbe per giovani socialisti, cattolici, liberali, e soprattutto per la gran massa dei nati alla politica nell'epoca dell'Ulivo (non necessariamente nell'Ulivo), quindi fuori dalle esperienze politiche classiche. Bisognerebbe lasciare che i ragazzi facciano ciò che è impossibile chiedere agli adulti: che si battano e si sbattano per far vivere un partito democratico vergine, alimentato dalla loro esperienza e non costretto negli schemi delle appartenenze precedenti.
Ci spiegano che è utopia, o ingenuità, perché ognuno di questi ventenni risponde a un capocordata secondo logica di cooptazione. Sospettiamo che sia vero, anche se parodistico. Ma semmai questi ragazzi andranno a girare per scuole e quartieri chiedendo voti e consensi, scopriranno che non è nel nome di quel capocordata che li conquisteranno. Più facile spendersi la faccia propria, e fare massa critica con un patto generazionale orizzontale. Se la Innocenzi riesce dove Pannella ha fallito, è perché l'universo giovanile non comprenderebbe un'esclusione che apparve invece perfettamente comprensibile (la si condividesse o meno) nei confronti di quell'elefante della politica italiana che è il leader, radicale. Applicate lo stesso metodo alla dialettica fra i nipotini di Veltroni e D'Alema, e magicamente vedrete sfarinarsi i macigni che rendono la vita interna del Pd così bloccata, e lontana dalla realtà del paese.


Stefano Minichini

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