20 ottobre 2008

La “Riforma Gelmini” e la reazione dei Giovani Democratici

Con il Decreto Legge 137 del 1 settembre 2008 il Governo ha introdotto nell’ordinamento della istruzione delle modifiche che possiamo così sinteticamente illustrare:
  • Per la scuola primaria il punto principale è l’introduzione del maestro unico. E’ abbastanza facile sospettare il motivo che ha spinto il Governo ad optare per questa nuova linea educativa nell’infanzia nel tentativo di attuare una minore spesa pubblica. Di fatto la riduzione dei suddetti, l’aumento degli alunni ad una media di 32/33 per classe e la diminuzione dell’orario scolastico a 24 ore a settimana, porteranno sicuramente ad una penalizzazione della qualità della scuola. Preoccupa inoltre la chiusura delle piccole scuole di provincia (circa 2000 in tutto il territorio) che renderà più difficile l’accesso alla scuola primaria. L’eliminazione del tempo prolungato sarà inoltre un ulteriore difficoltà per le famiglie.
  • Nelle scuole secondarie di primo e secondo grado il principale tema di discussione è sicuramente l’introduzione del voto di condotta. La Riforma prevede che venga espresso in decimi e attribuito collegialmente dal consiglio di classe, che concorra alla valutazione complessiva dello studente e che determini, se inferiore a sei decimi, la non ammissione all’anno successivo. Questo forse vuol’essere un nuovo aspetto sanzionatorio della scuola, non più informativo ma formativo, lasciando il dubbio se gli aspetti formativi non particolarmente valorizzati nella attuale scuola debbano iniziare da quest’aspetto.
  • I punti salienti della Riforma riguardanti l’Università sono i seguenti: la laurea in scienze della formazione primaria avrà valore di esame di Stato e abiliterà all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria; nei prossimi cinque anni verranno tagliati 1.500 milioni di euro alle Università, e verrà attuato il blocco delle assunzioni (due assunzioni ogni dieci pensionamenti) ed è previsto, aspetto ancora più grave, l’aumento delle tasse degli studenti per ripianare il taglio dei finanziamenti. Questo ripristina un accesso alla istruzione come privilegio sulla base dello stato economico, e lascia le Università in mano ai privati per le necessità di finanziamento.
  • Un altro punto discutibile è la considerazione del nuovo Governo per la scuola privata; le sue ultime affermazioni sono state le seguenti: “ La scuola è sempre pubblica, sia quando è gestita dallo Stato, sia quando non lo è. E di conseguenza credo che noi dobbiamo adoperarci per elevare la qualità media della scuola, sia essa statale o non statale”. Il modello cui si riferisce è la cosiddetta dote data agli studenti dallo Stato approvata dalla regione Lombardia, vogliano essi frequentare una scuola pubblica o una privata. Ma con quali fondi il Ministro intenda aiutare le famiglie che optino per una scelta educativa differente non è ancora chiaro. La tendenza verso la scuola privata si spiega anche con l’affermazione del Ministro di voler trasformare le scuole in “fondazioni private”, in modo da renderle ancora più autonome dal punto di vista economico e organizzativo. Lascia aperto il problema se quelli che sono di fatto servizi alla persona possano essere gestiti con modalità che sono proprie di strutture orientate al profitto economico.
  • L’aspetto più grave dell’intera Riforma sono infine i tagli che il Governo ha previsto per il prossimo triennio: oltre a quelli previsti per l’Università, circa 8 miliardi di euro verranno sottratti alla scuola primaria e secondaria (e anche qui non è chiaro dove verranno reinvestiti) e ci sarà la riduzione di 87.341 insegnanti e 42.500 addetti Ata, oltre che al blocco delle immissioni in ruolo e l’aumento così dei precari. Superfluo menzionare i tagli agli stipendi e ai fondi di produttività che premiano il merito di docenti, ricercatori e personale tecnico.

Dopo una valutazione attenta del documento legislativo emergono quindi spontanee talune considerazioni; innanzitutto è chiaro come questo Governo, conformemente ai precedenti, non abbia deciso di investire sull’istruzione e abbia proposto modifiche sostanzialmente inutili o addirittura dannose. La scuola non dovrebbe essere fonte di denaro per investimenti in altri settori: dovrebbe essere migliorata, incrementata, spinta ad arrivare agli standard europei che ormai sono raggiunti solo dalla scuola primaria per quanto riguarda il livello qualitativo.
Il voto di condotta dimostra solo come di fronte alla gravità della situazione sociale italiana nelle scuole il Governo invece di pensare a programmi educativi attivi sin dalle scuole primarie per prevenire i comportamenti a rischio, aiutare i bambini soggetti a violenze e assistere gli stessi “bulli”, diminuisca gli insegnanti di sostegno garantiti dall’articolo 38 della Costituzione ("Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale") e ripieghi su un semplice voto. L’Università e l’ambito della ricerca sono ulteriormente penalizzate, relegando all’Italia un ruolo ancora più marginale e per gli studenti sarà sempre più difficile pagarsi gli studi, posticipando ulteriormente la condizione di autosufficienza e dovendo pesare più a lungo sulle famiglie.
Ma ciò che più pesa su questa Riforma è stata la sua attuazione: il 1 agosto 2008, senza consultare le parti sociali e gli studenti, in un periodo chiamato a ragione “morto” per la scarsa affluenza in Parlamento. Non si parla più di Riforma, ma di un unico grande Taglio: alle risorse economiche della scuola, alle assunzioni, ma soprattutto è la chiara negazione del diritto di ogni studente ad avere una scuola di qualità, ma soprattutto pubblica.

Matilde Bastianello

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie, finalmente un po' di luce su alcuni punti che ancora non si erano proprio capiti...

Giovanni ha detto...

Dirò una cosa controcorrente, ma io sono a favore dell'insufficienza in condotta.

Matteo Corbo ha detto...

Il punto è che allora bisognerebbe definire cos'è condotta..sennò diventa un mezzo di puro arbitrio per l'insegnante

Giovanni ha detto...

Vero, vero è anche però che ormai gli insegnanti non hanno più nulla con cui difendersi da casi sempre più frequenti di studenti prepotenti e soverchiatori, e non solo nei confronti degli altri studenti, ma anche dell'insegnante stesso.
Non si può minacciare un brutto voto se no si finisce davanti a un giudice (che darà torto all'insegnante, cosa che è successa), della nota se ne fregano perché non conta niente. I genitori molte, troppe volte sono accondiscendenti nei confronti dei figli e li difendono a spada tratta per qualsiasi cosa. Mi dirai "un professore deve saper farsi rispettare comunque, è il suo lavoro", ma ci sono sempre meno punti su cui appoggiare la leva dell'autorevolezza. Non solo per colpa del singolo professore.
Un voto in condotta che, certo, deve essere stabilito di concerto da tutti gli insegnanti, ma che abbia un suo peso, può essere un aiuto. Anche perché di mezzi di puro arbitrio gli insegnanti ne hanno già comunque (si pensi all'interrogazione orale).

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