8 ottobre 2008

IL DIBATTITO SULLA FUGA ALL’ESTERO DELLE MIGLIORI RISORSE DEL NORDEST: COME DIVENTARE UN POLO DI ATTRAZIONE DI CERVELLI

Il professore ha appena terminato di scrivere sul libretto universitario la votazione dell’esame: “trenta/trentesimi”. Si toglie gli occhiali e punta il suo sguardo severo dritto negli occhi dello studente dicendo: “Lei promette bene, voglio darLe un consiglio: ha qualche particolare ambizione professionale?” Ipotizzando una risposta affermativa dallo studente, il docente aggiunge: “E allora se ne vada via, se ne vada dall’Italia. Lasci l’Italia finchè è in tempo! Cosa vuole fare? Il chirurgo? Qualsiasi cosa decida, vada a studiare a Londra, a Parigi o in America, se ne ha la possibilità. L’Italia è un Paese da distruggere, un posto bello ed inutile. Qui rimane sempre tutto immobile. Uguale. In mano ai dinosauri”.
Questa scena non si è verificata qualche giorno fa in uno degli Atenei del NordEst, ma è tratta dal film, “La Meglio Gioventù”, di Marco Tullio Giordana. Certo le parole amare e disincantate del docente si sentono spesso in televisione e sulla stampa. Per i miei coetanei l’Italia rischia di rimanere un luogo carico di affetti, di speranze e di sogni, ma gravido di potenziali delusioni, anche professionali. Specialmente per coloro che scelgono la strada dell’università, della ricerca, delle professioni intellettuali. Leggo senza sorpresa la recente inchiesta de Il Gazzettino che denuncia come le migliori risorse del NordEst siano indotte a lasciare le nostre città ed i piccoli comuni per motivi economici, di carriera, di opportunità. Ed inevitabilmente penso a molti amici e volti che ho conosciuto negli anni universitari: penso al talento artistico ed umanistico di Maddalena che divide il suo impegno di ricercatrice tra il Belgio, la Spagna ed il Portogallo, penso all’economista Laura, un vulcano di idee e di risorse, assunta da piu’ di un anno in un centro di ricerca a Parigi e Marco, genio del computer e dell’informatica, che dopo un dottorato in California ora lavora in Google. Questi sono i piccoli grandi semi del NordEst che stanno sbocciando in altre parti dell’Europa e del mondo e che, con grande probabilità ormai il NordEst ha perso. Non credo tuttavia che questo sia un problema. Innanzitutto perche’ la scienza, il sapere e la ricerca non hanno confini geografici: sarebbe assurdo e controproducente invocare forme di protezionismo o federalismo accademico o intellettuale. In secondo luogo condivido le motivazioni illustrate recentemente da Ilvo Diamanti: viviamo in un sistema aperto, non possiamo piu’ rimanere ancorati all’idea di un NordEst chiuso, autosufficiente, anche per quanto riguarda il mercato del lavoro delle professioni intellettuali e della ricerca. “Se gran parte dei giovani ritiene necessario andarsene dall'Italia, - scrive il sociologo Diamanti- per inseguire un lavoro più adeguato alle loro competenze e alle loro aspettative, allora, meglio lasciarli andare. E se non ne hanno troppa voglia, invitiamoli a partire”. Cerchino dunque condizioni di vita piu’ favorevoli, sbocchi professionali all’altezza della preparazione ricevuta e delle loro ambizioni, un ritorno economico piu’ dignitoso ed equo di quanto potrebbero ottenere nel nostro Paese.
Molti politici ed opinionisti sono preoccupati per il fenomeno definito “fuga dei cervelli”: forse non dormono la notte pensando ad un potenziale vuoto di idee, proposte e risorse che incombe sul NordEst. E al mantra della “fuga dei cervelli” si sostituisce quello del “rientro”. Da questo punto di vista l’esito della legge Moratti-Berlusconi sul rientro dei cervelli è quasi vergognoso: da una recente ricerca pubblicata nel novembre 2007 risulta che a fronte di oltre 50 milioni di euro spesi e di 466 potenziali docenti che sono rientrati in Italia, solo 45 sono stati stabilizzati dai nostri Atenei. Un vero e proprio fallimento, se paragoniamo l’esito dell’analoga iniziativa spagnola che ha visto oltre il 50% dei docenti rientrati assunti dalle università.
Se dunque è opportuno adottare un atteggiamento “lasse faire” per quanto concerne il fenomeno della fuga dei cervelli e se i programmi di rientro si rivelano inefficaci nel contesto italiano, dobbiamo rassegnarci ad un futuro di declino? No, di certo. E’ necessario tuttavia identificare la vera sfida che il sistema economico sociale e politico nazionale deve affrontare. Abbandonando la retorica della fuga, dobbiamo lavorare sull’opportunità di diventare un polo di attrazione internazionale per le risorse intellettuali. Non dobbiamo impedire che i nostri giovani espatrino, ma dobbiamo realizzare le condizioni di sistema per attrarre le migliori competenze dal Giappone, dalla Cina, dal bacino del Mediterraneo e perche’ no, anche dagli Stati Uniti. Solo cambiando radicalmente la mentalità e cioè ragionando in un ottica di “attrazione dei cervelli” e non piu’ di fuga, riusciremo a produrre innovazione e garantire la competitività e la sostenibilità nel lungo periodo del nostro sistema economico e sociale. Le possibili linee di intervento non si limitano solo al miglioramento del trattamento economico delle professioni intellettuali, dei manager, degli innovatori o allo sforzo di rendere i territori piu’ culturalmente attraenti e fervidi secondo i suggerimenti di Richard Florida. Possiamo fare molto di più, ad esempio garantendo un orizzonte davvero internazionale alla formazione universitaria, promuovendo corsi di laurea e dottorato in lingua straniera, stringendo accordi specifici con università e Paesi Esteri emergenti come Brasile, India e Russia senza dimenticare di guardare al bacino Mediterraneo come un “mare nostrum” di competenze di talenti, di competenze, di risorse qualificate da attrarre nel nostro Paese. Solo in questo modo potremo trasformare il Nordest da terra di brain drain in un polo di attrazione di talenti, risorse e competenze, archiviando l’Italia dei dinosauri, della conservazione, l’Italia senza idee e senza ambizioni, che rischia di spegnere la voglia di innovazione e cambiamento dei ventenni e dei trentenni.

Paolo Giacon
Esecutivo Regionale del Partito Democratico del Veneto

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